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Una famiglia unita, bellissima, perfetta. Il papà aveva un bellissimo modo di fare con i bambini.

Sembrava una famiglia da Mulino Bianco.

Così si sono espressi, increduli, i vicini di casa quando hanno saputo che Gabriele ha dapprima ucciso a martellate i due figli di due e quattro anni e poi si è buttato da un dirupo sopra Trento.

Un gesto di follia, hanno sentenziato tutti vedendo quella famiglia serena, quel pezzo d’uomo ex-elicotterista, la moglie veterinario, l’attico nel quartiere disegnato da Renzo Piano che stava per comprare. Solo che i soldi non c’erano, né per quell’appartamento di gran moda, né per il tenore di vita che Gabriele teneva con i suoi.

Forse è quello il tarlo che lo ha straziato: fingere una vita modello irreale, dimostrando a sé e alla famiglia che erano, appunto, una famiglia da Mulino Bianco.

Preghiamo per tutti, per lui, per i bimbi, per la moglie e la figlia sopravvissuta.

Ma prendiamo monito da questo atroce evento, senza minimizzare, sminuire, giustificare, barricandoci dietro una presunta follia ancora tutta da verificare.

Possiamo costruire una vita basata sulla menzogna, sulle aspettative, sull’immagine di noi stessi che gli altri vorrebbero. Forse sarebbe bastato spiegare alla moglie che no, il lavoro da promotore finanziario non stava girando e che mai avrebbero potuto permettersi una casa del genere. Forse, chissà…

Resta l’amaro in bocca nel vedere quanti danni faccia la falsa idea che ci facciamo di noi stessi, le aspettative, i sensi di colpa, l’immagine che vogliamo dare elemosinando approvazione e applausi.

Se una cosa ho capito di Dio, nel mio incespicante cammino, è che lui ci ama per come siamo, senza migliorie, senza deliri di onnipotenza.

Amiamo come siamo capaci, lavoriamo come siamo capaci, viviamo come riusciamo.

Lasciando alla pubblicità la famiglia da Mulino Bianco.

4 Comments

  • giusi, 1 Aprile 2017 @ 12:29 Reply

    Dovremmo educare il nostro occhio che sempre guarda e giudica (magari per dire ‘erano mulino bianco’) e non vede. Dovremmo educarci a mostrare la vulnerabilità, in casa, coi figli, a noi stessi. Questo mondo elettrico in cui si è sempre in scena a dire qualcosa, ad apparire non lascia spazio a comportamenti normali: si misurano i ‘mi piace’, i volumi degli ascolti, delle presenze. E’ umano, certo. Ma è anche disumana questa misura di sé. Nel lavoro che faccio vedo sempre più giovani infelici, imbozzoliti nelle loro solitudini, accompagnati da genitori onnipresenti, vincenti nelle forme esterne. Che il Signore ci doni la misura delle relazioni vere, poche; che ci doni il coraggio di mostrarci fragili, autentici. Presenti come amici in questi condomini gremiti e soli, in queste strade in cui vediamo solo il nostro naso. La vita è breve, brevissima. Ma il bene può crescere e i martelli cadere, attraverso ciascuno di noi. La nostra vita buona.

  • olimpia, 1 Aprile 2017 @ 12:43 Reply

    La fine anormale di una famiglia “normale”
    Da troppo tempo accade troppo spesso

  • roberto, 1 Aprile 2017 @ 15:57 Reply

    … Eccezionale e reale il tuo dire, Giusi, approvo del tutto il tuo commento… Appena riaffermo che questa “vita buona”, realizzandola nell’amore di Cristo (e bandita ogni forma di illusione propagandistica del mondo), è l’unica che vale la pena vivere. Per l’Eternità.

    • giusi, 1 Aprile 2017 @ 19:37 Reply

      grazie Roberto per la tua condivisione

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