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Una donna riprende col telefono e invia in diretta ciò che accade: un poliziotto ha appena sparato al suo fidanzato in auto, agonizzante sul sedile, perché stava mettendo la mano in tasca per mostrare i documenti di legale possesso di una pistola. La figlia, sul sedile posteriore, urla. L’ucciso è un nero, l’ennesimo ucciso dalla polizia. 

L’indomani una folla scende in strada per manifestare contro il razzismo. Un ex-veterano decorato, nero, si apposta su un tetto e con un fucile di precisione spara sulla folla, mirando ai poliziotti, bianchi. Cinque morti, sette feriti.

A Fermo un rifugiato nigeriano, fuggito da Boko Haram, che ha perso i genitori, una figlia nella violenza del suo paese, viene ucciso dal pugno di un tale che, afferma, di avere agito per legittima difesa. Grande dibattito fra politici e sui giornali. Quasi nessuno nota che il litigio è nato per un insulto rivolto alla fidanzata: scimmia. L’avvocato difensore del soggetto afferma che ormai non è un insulto. Il cugino dell’indagato, noto alle forze dell’ordine per altre bravate violente, afferma che si divertiva a lanciare noccioline agli africani, gioco innocuo, secondo lui. Parliamone.

La cronaca acida e impietosa di questi giorni ci invita a riflettere sulla violenza che portiamo nel cuore e che si scatena per diverse ragioni nate e nutrite dalla paura e dal pregiudizio.

Alle tante riflessione fatte da persone autorevoli, riguardo al tema della giustizia, del razzismo, della paura del diverso, vorrei aggiungerne uno, da credente.

Dio, rivolgendosi a Caino, afferma:

«Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». (Gn 4,6-7)

Il peccato è accovacciato alla porta del nostro cuore, come un cane rabbioso, come un lupo pronto a sbranarci. La violenza è dentro il cuore di ciascuno di noi.

Sta a noi decidere se dominarla o no.

Un racconto dei nativi americani parla di due lupi, uno bianco, buono, l’altro nero, malvagio, che abitano in noi. Ogni giorno dobbiamo decidere chi nutrire e far crescere.

 

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