Not in my name, postano molti musulmani europei sui propri profili social, non nel mio nome, per dissociarsi dal volto crudele e grottesco dell’Islam che i fenomeni dell’Isis ci stanno propinando sparando a dei giovani che bevono l’aperitivo e ascoltano un concerto (che spiriti arditi! Che combattenti! Che indomiti guerrieri di cartapesta!).
Not in Your name, aggiungo io, non nel Suo nome, nel nome di Dio. Comunque lo vogliate chiamare.
I sentimenti di questi giorni vanno lasciati decantare, come ho cercato di fare. Ma è impossibile, in questa mia settimana di evangelizzazione da Padova a Napoli, Dall’Emilia al cuneese, non ascoltare la radio, guidando, non seguire i tanti post sui diversi miei profili, non rispondere alle domande di mio figlio che vede e capisce e mi chiede: siamo in guerra?
Temo di sì, come ha avuto modo di dire, per primo, papa Francesco, come ribadito dal re di Giordania e, buon ultimo come ha ammesso uno spaesato Hollande. In guerra contro il terrorismo, senza campi di battaglia, senza uniformi e strategie, in questo nuovo orribile volto del male che tiene in ostaggio della paura centinaia di milioni di persone.
Condivido alcune riflessioni in attesa di sviluppo, allora, sperando di non annoiarvi ma di offrire qualche spunto di lettura della realtà, come sempre. Tenendo come timone la straordinaria pagina di Vangelo che abbiamo letto domenica scorsa e quella che leggeremo la prima di avvento: gli astri precipitano, alcuni muoiono per lo spavento, noi, invece, alziamo lo sguardo verso il Signore che viene.
Ripenso al senso di smarrimento che ho provato sabato mattina, aprendo il portatile. E’ lo stesso sentimento, anche se meno forte, che ho provato l’11 settembre 2001, a Gerusalemme. Ma anche lo stesso provato nel 1991, a Courmayeur, guardando in televisione la strage di Capaci (e poi via d’Amelio e Georgofili, sempre terrorismo, anche se mafioso). E lo stesso provato da bambino con le stragi di Bologna e l’Italicus (mio fratello allora, studente universitario impegnato in politica a Torino, mi diceva che prima di salire sulla sua cinquecento gialla guardava sotto, che non gli avessero messo una bomba…). Insomma, ad essere onesti, questo tema della paura, del terrore, è nella mia vita da sempre. Ne provo disagio, mi sento vincolato, ma voglio che non cambia le mie abitudini e la mia vita.
No, non sono davvero spaventato.
Forse anch’io morirò in uno dei miei viaggi, ma non mi spaventa la morte, né la cerco.
Voglio però vivere da vivo, essere fiero della mia storia, della mia fede, delle mie scelte. Senza ingenuità, frutto appassito della tolleranza a senso unico, ma senza farmi travolgere dai pregiudizi.
Fa male vedere che un evento così drammatico, come quello accaduto in Francia, sia preso come occasione per dividersi in Italia, ancora e ancora. Fa male ma è giusto che sia così. Destra contro sinistra, pro e contro. Riflettiamo tutti, riflettiamo bene, discutiamo, perché proprio la discussione e il dibattito ci rendono liberi.
No, non credo che l’Isis vincerà: non credo che lo Stato Islamico ci obbligherà tutti a diventare musulmani. Potranno provarci ma nessuna imposizione ottenita con la violenza e la paura da una minoranza, nella Storia, è mai sopravvissuta.
No, non credo che questo sia il volto dell’Islam, anche se vorrei maggiore unità e chiarezza da parte del mondo islamico europeo (qui la dichiarazione delle comunità islamiche italiane http://www.ucoii.org/category/comunicati-stampa/ e quello dei musulmani francesi: http://www.uoif-online.com/communiques/communique-du-cfcm/).
No, non so ancora esprimermi con sufficiente chiarezza e competenza sulla violenza che alcuni affermano essere insita nel Corano (vale la pena riprendere la celebre lectio magistralisi di papa Benedetto a Ratisbona sul rapporto religione/violenza/ragione: https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html), capisco anche lo smarrimento di chi, con verità di cuore. professa la sua fede islamica con semplicità e tolleranza (forte riflessione dell’imam di Nimes riportata solo in parte qui: http://www.asianews.it/notizie-it/Imam-di-N%C3%AEmes:-Non-lasciate-che-l%E2%80%99islam-sia-ostaggio-degli-estremisti-35888.html).
Sarà lunga, dovremo lottare anzitutto con i nostri fantasmi, con la tentazione di prendere scorciatoie, di lasciar prevalere la paura e la diffidenza, lo scontro e l’ideologia. Coma un faro nella notte le parole postate sul proprio profilo da Antoine Leiris, che al Bataclan ha perso la moglie (testo qui: http://www.lastampa.it/2015/11/17/cultura/opinioni/buongiorno/non-avrete-il-mio-odio-EI6SBX0RvhF4Gg0SGFH4bO/pagina.html) che mi incoraggiamo e mi spingono:
Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio.
E nemmeno il mio.
Buona vita.
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