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(Continua la pubblicazione di alcune preziose testimonianze di suor Lucia del Caritas Baby Hospital di Betlemme)

Betlemme, luogo della nascita di Gesu’ e della nostra continua rinascita….Per incontrare Gesu’  occorre guardare nella stessa direzione in cui Lui è: il piu’ piccolo, il piu’ debole, il piu’ bisognoso, tra i fratelli! Betlemme, casa del Pane eppure quante volte c’è proprio a Betlemme carestia di pane, non tanto di quello materiale, facile da trovare in ogni angolo, quanto di quello spirituale, il Pane Vivente!

E’ proprio qui a Betlemme che avviene l’Incarnazione, il Dio Umanato che viene ad abitare nelle nostre dimore per portarci il Suo Amore per rivelarsi come Colui che salva, che genera vita, che porta la verità, che fa rinascere dall’alto rigenerando la nostra umanità!!!!  E’ proprio qui, in questo piccolo pezzetto di terra, che Gesù ci insegna che l’umiltà è la via maestra per amare secondo il suo stile che comporta la croce, la spogliazione, l’apertura all’alterità  e che esige una profonda conversione della mente e del cuore per divenire servi per amore, dell’Amore.

E’ proprio qui  il “dove” il Signore mi ha posto da ormai 10 anni è continua a stimolarmi a cercarlo e lasciarmi incontrare da Lui anzi a lasciarmi toccare, rinnovare, provocare, correggere e camminare verso di Lui!!! Vivo la mia esistenza a Betlemme con altre 4 sorelle francescane elisabettine e spendo la mia vita da consacrata nell’ospedale pediatrico, nel contatto quotidiano di bambini, mamme  del personale…e ambedue questi due luoghi hanno per me  un significato comune: dare alla Luce una nuova vita, incarnare il Signore Gesù nella mia vita, cercare di vivere in pienezza  la fecondità , la maternità da donna consacrata…

Betlemme, luogo memoriale della piccolezza, dell’insignificanza di Gesù, del suo nascondimento che diventa continua provocazione per farGli spazio, e togliere dal grembo verginale tutto ciò che non è essenziale,che pesa, che è insoddisfatto per lasciare spazio alla Sua voce, al Suo fuoco d’amore, ai Suoi tocchi. Mi sento proprio una privilegiata poter vivere la mia quotidianita’ con mamme e bambini, piccini e grandicelli, tutti bisognosi di cure, ma soprattutto di sguardi, di carezze, di sorrisi, di tempi gratuiti per  lasciarmi meravigliare dalla tenerezza, dai loro abbracci, domande, sorprese e che solo i bambini sono in grado di fare perché senza calcoli e ragionamenti!

Stare con i bambini  è la via preferenziale per incontrare il Gesù fattosi Bambino, il Maestro che proprio sulla croce attira tutti a sé…E’ l’esperienza meravigliosa, indecifrabile  vissuta con diversi bambini ormai in Paradiso. In questi anni non potrò tacere i benefici del Signore attraverso l’esperienza vissuta con alcuni “maestri di vita” che sono stati proprio i bambini.…Il primo fra tutti Mohammad, un bambino  musulmano di 2 anni e mezzo affetto da una malattia respiratoria molto grave senza possibilità di miglioramenti. L’ho conosciuto fin dalla tenera età di 1 mese ricoverato nel reparto dei prematuri e sempre sotto il ventilatore, per garantire una sufficiente respirazione e ogni volta che riusciva a staccarsi dall’apparecchio  incontravi un bambino rinnovato, energico, con un sorriso indimenticabile, accattivante, mansueto e gaio da attirare tutti…A man mano che cresceva, passava da un reparto all’altro a seconda della gravità e riusciva a malapena a stare a casa alcuni giorni…Quanta fatica  nel cercare di coinvolgere la mamma in questa fase di accettazione, di accoglienza del suo essere dono prezioso, unico e proprio perché fragile, il prediletto! Che ricordi…. quando lo vedevi cercare con tutte le forze di alzarsi, di arrampicarsi sulla spondina del letto, di camminare, di parlarti….E poi quando ha cominciato a provare il gusto delle musica, che la cara sorella maggiore le faceva gustare tramite il cellulare e  lui che, inizialmente, ascoltava ridendo, giocando e poi danzando con tutto il suo corpo…Quante risate, quante soste, dato che era  impossibile uscire dalla stanza senza vederlo, sentirlo, e abbracciarlo…una “calamita irresistibile” che ti “catturava” con lo sguardo profondo, penetrante degli occhi e poi con le sue manine cosi fragili, a volte fredde che toccavano i capelli, le guance per dare e chiedere un abbraccio, una carezza, un bacio. L’amato Mohammad, un bambino intelligentissimo, dato che chiamava tutti per nome ma in particolare le persone che amava di più.  Ma mano che passavano i giorni, i mesi ed era normale incontrarlo e stare insieme, godere delle sue tenerezze, inventive, del suo coraggio e tenacia a vivere sempre e comunque…la sua malattia peggiorava fino a quei  ultimi giorni dove lo vedevi disteso a letto senza forze, inerme, incapace di reagire, bisognoso di tutto. Che strappi alle viscere, che dolori nello stargli dinanzi, nell’accarezzarlo, nel chiamarlo e avvertire non solo razionalmente me nel cuore stesso e nella propria carne che per Mohammad era arrivato il momento di passare alla vita vera, di lasciare questa terra,questa dimora  a lui molto cara, preziosa. ..Quante lacrime nascoste ho asciugato  per la mia incapacità di lasciarlo andare, pur pregando il Signore di togliergli ogni altra sofferenza….Eppure quanto siamo legati alla terra, a questa vita e con Mohammad in modo particolare ho fatto esperienza non solo del partorire, come dare alla Luce un figlio, nel farlo crescere, nel dargli il “latte nutriente”, di affetto, di dolcezze, di vicinanza, di attenzione ma del partorire al cielo, del lasciarlo andare, dello svuotarmi per consegnarlo alla vera vita…..Farsi piccoli, poveri richiede abbandono fiducioso, lasciarsi espropriare da cio’ che non e’ vitale per dare consistenza all vera Vita…

Personalmente questo parti sono stati tanti, dolorosi, ma  fecondi, perché mi hanno fatto fare esperienza dell’unione della terra col cielo, del cielo con la terra, dell’esperienza stessa di Dio Padre che si fa tutt’uno con l’umanità facendosi uno di noi, assumendo la stessa carne e vivendo nella Sua carne ogni passione, croce, morte e facendo risorgere alla vera vita ogni morte, lutto, distacco…Se durante il parto, ci sono le lacerazioni delle viscere per dare alla Luce e poi abbracciare questa nuova vita consegnata da Dio, nel momento della morte di questo figlio è richiesto la disponibilità  a partorire un’altra volta, svuotandosi ancora di più, affinché liberamente si consegni il proprio figlio all’unico Padre e credere che veramente questo figlio vive nella gioia vera,  nella felicità e che dall’alto intercede per noi….Mohammada, Abed, Zeina, Bashir, e tanti altri sono i nostri angeli che intercedono e so che con loro ci sono frammentii della mia umanità già risorti perche’ portati in cielo con queste stesse creature  e perché  amate qui in terra e restituite  totalmente al Datore dei doni…..Ma tutto questo non senza dolore, nella sofferenza liberante che allarga gli orizzonti, cuore, e muove a rinascere in tutte le dimensioni!….

Questa esperienza del farsi poveri, piccoli,  è avvenuto anche in alcune delle famiglie dei bambini accompagnati..Mi ricordo di Abed, cove le sorelle, i fratelli e la mamma venivano di tanto in tanto a trovarlo e fargli compagnia.….Ma mancava il padre, una persona discreta, silenziosa, sofferente. Ma è proprio a lui che Abed regala l’incontro più bello. Il giorno stesso della sua dipartita succede che, la mattina stessa il padre riesce ad ottenere il permesso e arriva in reparto e nel momento stesso che chiede di lui all’infermiera, Abed  coricato sul suo letto rimuove il tubicino per l’ossigeno, cerca di alzarsi  dal letto   e chiama il papà  e il padre gli corre incontro e lo abbraccia! Abed però si sente debole e chiede all’infermiera “preferita” di portagli qualcosa da mangiare e di fronte al padre mangia per far festa….Abed è super contento e una volta terminato di mangiare incomincia a giocare allegramente con lui e a danzare…Ne fa di tutti i colori e ambedue sono felicissimi. Dopo un bel po’ Abed, consumato tutte le forze, come il Signore in croce, avverte il bisogno di stendersi sul letto, si lascia riemettere il tubicino dell’ossigeno e saluta affettuosamente il padre e poi si addormenta. Il padre gli resta accanto un po’ in silenzio e poi lo bacia, e prima di uscire ringrazia cordialmente il personale per il servizio prestato fin allora a Abed. Abed la stessa notte ci saluta serenamente e la dipartita  reca un profondo dolore per tutto il bene ricevuto, ma tutti siamo consapevoli del grande dono ricevuto e certi che Abed vorrebbe vederci sorridere ed affrontare con coraggio la vita come lui ha sempre fatto, non ci lasciamo prendere dalla tristezza ma riprendiamo la vita con fiducia e vitalita’!

Se poi in questi ultimi anni il Signore mi ha chiesto di servire non piu’ direttamente a contatto con i bambini e le mamme ma di piu’ con i colleghi di lavoro, per trovare insieme le strategie migliori per garantire il rispetto, la dignita’, la crescita della persona e della qualita’ di cure,  posso dire di avere fatto esperienza ancora piu’ profonda di poverta’ interiore, di espropriazione per lasciare crescere il Signore e per  vivere la mia figliolanza  nell’abbandono al suo volere…E’ un altro modo di generare vita nell’umilta’, nell’attesa, nel gia’ e non ancora,con le sue luci e ombre…

 

Tutto e’ grazia per chi ama il Signore! Lasciamoci rinascere dal Suo Spirito di Vita.

 

 

1 Comment

  • Antonella, 8 Luglio 2019 @ 00:10 Reply

    Grazie Paolo di questa testimonianza toccante e profonda.
    Quel partorire nuovamente al cielo svuotandosi … lasciando andare frammenti della nostra umanità che già partecipa alla risurrezione… forse è proprio questo che ti fa sentire bene quando accompagni con amore qualcuno al cielo.
    Grazie suor Lucia.
    Siamo nati e non moriremo mai più.

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