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In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. 
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi. Mt 13,54-58

In questo primo giorno di maggio l’Occidente ricorda il mondo del lavoro e le difficili condizioni dei lavoratori. È una festa cara ai sindacati e alla tradizione di stampo socialista. Anche la Chiesa, storicamente, con un bel po’ di ritardo, ha voluto riflettere su questo tema così sensibile. Oggi, lo sappiamo bene, anche il lavoro ha assunto una nuova dimensione a causa della globalizzazione e della innovazione tecnologica. All’orizzonte, però, resta la diversa interpretazione che diamo al valore del lavoro. Un esasperato capitalismo che mette il profitto, cioè l’accumulo di denaro, al centro di tutto, ha svilito il lavoro e la dignità del lavoratore. I papi hanno riflettuto, attraverso la dottrina sociale della Chiesa, sul corretto rapporto fra lavoro e vita umana, proponendo una via evangelica innovativa e credibile. La memoria di San Giuseppe lavoratore ci ricorda che Dio stesso ha sperimentato le gioie e le fatiche del guadagnarsi il pane col sudore della propria fronte. Nella Bibbia il lavoro compie la creazione del mondo, rendendo l’uomo il giardiniere cui è affidato il cosmo. Come sarebbe bello recuperare questa dignità nel mondo del lavoro!

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