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Amo la Chiesa. 

Non quella delle nostre proiezioni mentali, né quella dei giornali scandalistici. Non quella piccina della nostra esperienza parrocchiale, né quella mitizzata dai deliri di santa onnipotenza.

Amo questa Chiesa, con i suoi anni, le sue fatiche, i suoi preti, i suoi santi, le sue fragilità, le sue segrete grandezze.

Una Chiesa di carne e sangue innamorata di Cristo. Che lo segue, lo cerca, lo annuncia, lo ama.

Leggendo l’ultimo libro intervista di papa Benedetto, Ultime conversazioni (Garzanti, 240 p, 12,90 €) mi sono sprofondato in un clima di intensa spiritualità, di garbo, di fede, di aria cristallina e pura. Domande dirette, a volte anche forti, imbarazzanti, cui Papa Benedetto, ritiratosi a vita monastica, risponde con assoluta sincerità e lo spessore di una vita da teologo e, soprattutto, da credente. 

Il giovane teologo diventato, suo malgrado, prima vescovo, poi prefetto della Congregazione per fede e, infine, Papa, ci consegna un ritratto di sé, del ministero petrino, della fede in Cristo pieno di luce e di santità.

E smentisce, se ancora ce ne fosse bisogno, le tante interpretazioni, le sciocche illazioni, le dietrologie (purtroppo alcune anche di stampo cattolico o che si ritiene tale) che tanto vanno di moda in questo mondo malato.

Un libro che ho gustato, che mi ha fatto un gran bene e che, ancora una volta, mi rassicura: lo Spirito Santo sa quello che fa, mandando sempre l’uomo giusto nel momento giusto. Così è stato per tutti i papi che ho conosciuto, Francesco incluso.

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