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Fa una certa impressione, anche per uno abbastanza asfaltato come me.

Sarà per il contrasto insopportabile con la luce mattutina sul mare e sulla promenade des anglais. O forse perché quella marea di pupazzetti, fogli, cartelloni, che stanno sotto la pioggia da quell’orribile 14 luglio, qui a Nizza, sono ormai consunti, slavati, ingrigiti, producendo un effetto macabro, come se si trattasse di una discarica di emozioni, espressione confusa di un’afonia generalizzata. Come se la civilissima Francia non sapesse cosa dire e come, come uscire fuori da quella memoria orribile.

Un luogo che manifesta plasticamente la fatica che questa nostra civiltà occidentale fa per elaborare una reazione a tale odio delirante, per dare una ragione, un senso a quanto sta succedendo. Ma anche, ed è assurdo, questo luogo nella sua caotica tristezza, manifesta l’evidente assenza di un modo condiviso di elaborare quel lutto.

La municipalità non sa ancora che fare di quella marea di ricordini. Li ha spostati in un giardinetto, ma la sensazione è che si aspetti che la gente si stanchi e che la pioggia dilavi il tutto. Che a questa orribile emozione se ne sostituiscano altre, più sopportabili, politicamente corrette, umanamente innocue.

Penso subito alla cappella di Matisse a Vence, appena visitata.

Il suo capolavoro, come scrive. Quattro anni di preparazione per la più spoglia delle cappelle, la più essenziale delle sue opere. Lo ammetto: è stata un’emozione intensa e travolgente a colpirmi, appena entrato. La certezza, come mi accade nelle grandi cattedrali romaniche o gotiche, che ci sia un’intensa spiritualità dentro e dietro le pietre.

La luce che entra dalla vetrata laterale illumina la parte con disegno stilizzato di Maria che sostiene un bambino adolescente. Una fusione di linee che li identifica e, sul fondo, la caotica via crucis. Tratti neri su ceramiche bianche. E la luce del sole che, filtrata dalle vetrate, le rianima.

Se non lasciamo filtrare la luce della resurrezione sulle nostre sofferenze, sui nostri dolori, non riusciremo mai a capire, ad elaborare, ad andare avanti.

Questo manca a questa nostra stordita civiltà smarrita.

Una luce che dia colore.

matisse

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