“L’amore al tempo del colera” intitolava un suo magnifico romanzo il premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez.
“La fede al tempo del Coronavirus” vorrei intitolare tutti gli scritti, i messaggi, i post che da dieci giorni a questa parte, dopo un fortunosissimo rientro dal non-pellegrinaggio in Israele di cui ho già detto, sto condividendo dal mio rifugio alpino.
Tanti stanno scrivendo, commentando, ragionando. E, francamente, mi sembra di non dover aggiungere un’ulteriore voce a quanto già in molti (forse troppi) stanno dicendo. Poi, sollecitato da molti fra voi, mi rendo conto di poterlo fare, di volerlo fare, di doverlo fare.
Seconda domenica di quaresima, quindi. Quella della Trasfigurazione. E di trasfigurazione abbiamo bisogno. Nel nostro sguardo, nelle nostre scelte, nella gestione delle nostre emozioni. Per trovare un sentiero in mezzo al mare, come dice il Salmo riguardo alla fuga del popolo dall’Egitto.
Per non avere paura della paura.
I fatti, anzitutto: il Coronavirus si sta diffondendo. E no, non è più innocuo come all’inizio appariva, visto che sta mutando e, in questo momento, solo in Italia ci sono tre ceppi autonomi. Non abbiamo gli anticorpi per difenderci e questa severa influenza può mettere in difficoltà i soggetti deboli. Lotta che combattiamo da sempre: il morbillo altro non è che l’evoluzione della peste bovina e ci conviviamo da diecimila anni. Quindi l’amico Corona studia le strategie per diffondersi ed è molto bravo. Il problema, da quello che è capito, è tutto in quella sua capacità di diffondersi velocemente. Perché se chi si ammala ha delle complicazioni e queste complicazioni necessitano di un ricovero e di terapie urgenti, i posti letto, ovviamente, sono limitati. Da qui la decisione simil-draconiana di oggi: meno si contatta gente e più si rallenta la diffusione (che continuerà per settimane) permettendo al sistema di reggere.
Lo capisco, ci sta. Non è l’Ebola, non è la peste manzoniana, ma non prendiamola sottogamba per rispetto dei soggetti deboli. Perciò cambiano le nostre abitudini per qualche tempo, evitiamo luoghi pubblici, seguiamo le direttive affatto complesse (lavarsi le man, non abbracciarsi, tenere le distanze).
Quindi, ci mancherebbe, ho annullato tutte le conferenze di marzo, sperando nel superamento della fase critica. E magari metterò in ordine i miei archivi, imparerò a gestire meglio i webinar (quanto utili in quseto momento!) e preparerò qualche conferenza privata per gli amici che me lo hanno chiesto. Una vera quaresima, non una quarantena.
Solo che.
Solo che ieri dalle mie parti c’è stato il boom di biglietti di sciatori provenienti dal Nord Italia (Milano in testa) vista la neve magnifica e il sole. E interviste compiaciute dei gestori degli impianti con immagini di lunghe file alle seggiovie. Solo che dieci minuti fa ho visto arrivare una famiglia di amici lombardi che si sono trasferiti in fretta e furia in montagna, nella loro seconda casa, perché qui c’è meno contagio (per ora, questione di giorni a questo punto). Solo che la stessa cosa, mi ha appena detto l’amico Enrico, sta succedendo in Sardegna e, immagino, da tante altre parti. Solo che oggi, al supermercato, dove ero andato per prendere i panini per pranzare sulla neve, ho visto un sacco di gente impanicata (ore 8 di una domenica) e commenti in attesa alla cassa che preferisco non riferire, ovviamente tutti complottisti, razzisti, anti-scientifici e catastrofisti.
Solo che se non ci fidiamo e che se pensiamo di essere più furbi o di avere delle ragioni eccezionali, non ne verremo fuori.
Solo che ci stiamo scoprendo piccini, irrazionali, paurosi, egoisti. Invochiamo uomini forti al governo e non rispettiamo quattro regole semplici pensando che la chiusura delle scuole ci autorizzi a fare vacanza.
Ok, ci sta. Evviva. Grande anno questo 2020.
Così magari, superata la tempesta, speriamo senza troppi danni, saremo capaci di sederci e di guardarci negli occhi. Di chiamare per nome e cognome le nostre fragilità e paure, senza dare sempre la colpa agli altri. Di pesare la fragilità della nostra vita e fare finalmente delle scelte forti e leggere. Di ripensare i nostri stili di vita, di capire cosa ci è veramente indispensabile. Di prendere a cuore gli altri, se i miei comportamenti mettono a rischio la loro vita. Di tornare a messa e scoprire che dono immenso è l’eucarestia che non possiamo ricevere in queste settimane. Di capire quanto sia importante coltivarla l’anima, perché un piccolo virus può cancellare tutto quello che pensavamo acquisito.
Ecco, cose così.
Pensieri serali, scusate. Ora riprendiamo pure ad avere paura.
“Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza” (Is 30,15)
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