Era la mia prima volta a Romena, anche se ne avevo sentito parlare da tanti amici comuni. Un onore per me essere invitato e la fortuna di conoscere don Gigi, mons. Gaillot e Luigino Bruni, anch’essi invitati, di rivedere Mons. Bettazzi, inossidabile.
In quel contesto conobbi fra Giorgio. Un sorriso pieno e solare. E un abbraccio dei suoi che, devo ammetterlo, per un orso valdostano quale sono, mi aveva spiazzato.
Di ritorno da Romena e col passare degli anni il nome di fra Giorgio era tornato. Sulle labbra della cara pastora Lidia Maggi, nei post che l’algoritmo di Facebook mi faceva trovare sullo smartphone, nella stima di amici e lettori che scoprii avere in comune con lui. Le sue sono riflessioni intense, profonde, che partono dai dettagli della vita, inattese, francescane. Riflessioni che ti fanno venire la voglia di iniziare la giornata o di chiuderla con un sorriso.
Stamattina, appena sveglio, ancora in giro per conferenze, la notizia che Giorgio è altrove. Non so come, non so quando. Stanotte, credo. Forse un incidente.
Sono stordito, dolente.
Mi interrogo, cerco di leggere i segni dei tempi in questa nostra Chiesa italiana un po’ appannata.
Ora la sua morte mi scuote.
Per lui bene, benedizione e luce, percorso portato avanti con decisione e forza. Per noi meno bene, tanto, si spegne una delle voci che stanno tenendo unite le persone a Dio e alla Chiesa.
Cosa significa tutto questo? Cosa per noi? E, permettetemi, cosa per me?
Penso che lo Spirito stia intessendo una rete di sopravvivenza per accogliere chi, nella Chiesa, si trova respinto e dolente.
E la gioia, l’onore, la grazia di farne parte. Bose, Romena, Ronchi, Matino, fra Giorgio e altri testimoni che in qualche modo diventano specchi dell’Eterno, luoghi di passaggio…
Porti di terra, direbbe don Gigi.
Tutto è grazia, scrive Bernanos. Allora ci fidiamo.
E facciamo dell’abbraccio di fra Giorgio dato a tutti, a prescindere, lo stile del nostro narrare, diventando specchi dell’Eterno.
Grazie, Dio, per Giorgio.
Grazie, Giorgio, per Dio.
7 Comments