Fa caldo, e non dovrebbe.
E la neve, già scarsa, sta sciogliendosi. Provo a non farmi scoraggiare e prendo l’auto per salire fin dove la strada lo consente. Continuo a piedi, in agilità, scarpe da neve e racchette. Il sole è caldo ma il vento è teso e freddo e arrivano folate da Nord.
Attraverso il bosco seguendo le tracce di qualche viandante che è passato prima di me. Nei prati a monte, verso Barasson, si incrociano decine di tracce di ungulati. Di solito da queste parte abbondano i cervi.
Dopodomani è Natale. Un altro.
Cerco di fare spazio nell’anima, per me, per voi. Di scrivere qualcosa di non banale, di leggere i segni dei tempi, di alzare lo sguardo come ci ha ampiamente raccomandato l’evangelista Luca durante il tempo di Avvento.
Come arriviamo a questo Natale 2018? Che aria si respira? Come stiamo?
Leggo e mi documento, faccio memoria delle tante cose che mi scrivete, porto nel cuore le parole affidatemi dai fratelli preti durante i miei incontri durante l’anno. Difficile farsi un’idea precisa, difficile fare sintesi ed essere obiettivi. Ma, certo, non si respira, in giro, un’aria felice, o pulita.
E non parlo solo della situazione economica, gravosa e in peggioramento. O del crescente senso di insoddisfazione che si respira ovunque. O della contrapposizione, legittima e doverosa in un sano confronto di idee, che spesso sfocia nell’insulto. O del momento di paura che attanaglia tutto e tutti, timorosi di un futuro che al suo orizzonte vede addensarsi nubi minacciose.
Tutte queste cose, messe, insieme, non fanno la somma della sensazione cupa che si respira, della rabbia, del vittimismo dilagante, della depressione che sembra spegnere anche le anime più brillanti.
Ma che sta succedendo?
Ci scopriamo incattiviti, quasi ci si vergogna da augurare Buon Natale!, insoddisfatti, demotivati e delusi. Le ragioni ci sono tutte, certo. Come c’erano dopo la guerra. O dopo momenti drammatici della Storia.
Allora?
Forse fatichiamo a trovare un senso. Un orizzonte. Una speranza. Un altrove.
Disincantati e cinici, abbiamo rinunciato a sperare. E a combattere.
Ecco, allora, che ci arriva in soccorso Natale. Questo Natale. Che si fa spazio, discretamente, fra le luminarie e le risse, fra le contraddizioni di una festa spesso deprivata del suo profondo significato teologico e ridotta a fugace esperienza emotiva.
Dio viene. Dio è. Ed è presente. Qui, in questo caos. Nel mio caos.
Senza offrire soluzioni magiche, senza finali strepitosi, ma intessendo nella nostra quotidianità la trama di un mondo altro.
Alla nostra affannosa e sconclusionata ricerca di felicità Dio offre un percorso. Un bambino. Un neonato.
La vita procede per semplificazione, per sottrazione.
E questo bambino, per sempre segno di contraddizione, ci obbliga, mi obbliga a rivedere le priorità della ma vita. A deporre le armi. A scegliere.
Io scelto, tanto tempo fa. Lo farò ancora, stanotte. A Dio piacendo.
Ora la neve è troppo alta e l’equilibro difficile. E’ tempo di scendere a valle.
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