Ho finito di commentare la guarigione del paralitico alla piscina di Betesda in Giovanni al capitolo 5. In particolare quel “Vuoi guarire?” che tanto interroga ed inquieta, provoca e scuote. Solo che davanti a me ho molte persone che da tutta la vita convivono con la malattia o con un handicap. Mi muovo con quanto più garbo possibile, so bene quante cose assurde noi cristiani abbiamo detto e diciamo sulla sofferenza. Concludo l’intervento:
“Non troverete soluzioni o risposte nella Parola. Solo tracce, indizi, barlumi di luce sufficienti, però, a non farsi travolgere dal dolore. Potrei sintetizzare il messagio biblico dicendo: nonostante la sofferenza e il dolore che abitano il mondo, Dio è buono”
Dopo un momento di silenzio è il tempo della condivisione, della risonanza.
Uno dei partecipanti condivide un suo pensiero.
“Avevo undici anni quando sono stato travolto da un’auto e sono finito su una sedia a rotelle. Ricordo che le pie donne della parrocchia mi dicevano che mi ero meritato il paradiso, che certamente me lo ero guadagnato. Per quelle parole abbandonai la fede per anni fino a quando incontrai malati come me che non avevano stravolto il volto di Dio. E rispondo alla tua provocazione a partire dalla mia esperienza dopo quarant’anni della mia vita. Con fatica e attraverso un lungo percorso di chi non ama il dolore ma la vita, e che questa vita scopre nel Vangelo, non direi che “nonostante” la mia disabilità sono felice. Ma “con” essa. Non “grazie” ad essa. Ma è parte della mia storia, del mio percorso, della mia fatica e della mia crescita. Se venisse Gesù e mi chiedesse ‘vuoi guarire?’ risponderei: ‘sì, Signore, ma a condizione di non perdere nulla di tutto ciò che ho imparato sulla vita e su di te da questa sedia a rotelle'”.
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