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Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» Lc 9,18-22

Chi sei per noi, Nazareno? Chi sei per noi, Maestro? Quante volte sentiamo parlare di te, nella nostra vita, quante volte sei al centro dei nostri dibattiti, delle nostre riflessioni, delle nostre inchieste. Dopo duemila anni, sei ancora al centro dell’attenzione, come nessun altro personaggio storico è in grado di essere. Ci stupisce il fatto che un ebreo marginale vissuto duemila anni fa, di cui, tutto sommato, sappiamo ben poco, che non ci ha consegnato alcun testo scritto di proprio pugno sia ancora al centro di aspre discussioni: chi è veramente il falegname che si prese per Dio? Eppure, ad un certo punto del nostro percorso, ci sentiamo rivolgere la domanda che anche gli apostoli si sono sentiti rivolgere: chi sono io, per te? Non per gli altri, non per un’inchiesta giornalistica, ma personalmente, intimamente, chi è, davvero, Gesù per noi? Stiamo attenti a non dare risposte affrettate o, peggio, da catechismo. Almeno una volta all’anno, questo vangelo ci provoca: se cercatori di Dio, perché arriviamo finalmente alla professione di fede; se già discepoli, perché togliamo la polvere dal nostro cammino e rimettiamo il Signore Gesù al centro di esso…

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