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In treno.

Salerno-Torino, sei ore e qualche di viaggio.

Però si lavora, ho imparato, senza esagerare, a sfruttare il tempo in cui non guido. Scrivendo, ovvio. Ma anche guardando un buon film (senza contare sulla connessione come sempre scarsissima).

Coast to coast, da sud a nord. Bello l’incontro di ieri.

D’ogni tanto stacco, ascolto musica, pisocchio.

Rispondo a mail, scrivo qualche pagina di libro, medito, prego.

Poi mi distraggo guardando i passeggeri che salgono e scendono.

Varia umanità. Mi diverte immaginare le loro vite. Ecco il manager napoletano che sale a Roma per lavoro. Il medico che risponde al telefono prescrivendo medicinali. La coppia americana che da Roma sale a Firenze. I ragazzi alternativi che si sbaciucchiano, capelli rasta, pantaloncini, tatoo e beata incoscienza. La signora corpulenta che urla al cellulare facendo sapere a tutti i fatti suoi.

E una signora seduta non troppo lontano da me. Non mi piace origliare ma staccando le cuffie per un momento resto travolto dalla sua telefonata fiume.

Tanta considerazioni, parla con un’amica penso.

Ma questa è davvero magnifica.

“Sì, certo, non l’ho vista bene. Dice che è troppo occupata ma sai che c’è? Ha deciso di aprire un ristorante! Sì, giuro… Un ristorante! Con uno chef stellato, una cosa di grido… Sì, sì, esatto, poi si lamenta che è stanca… Sì, un’idea nuova. Un ristorante Zen. Sì, certo, Zen come in Giappone… Ma sai, una cosa nuova, può spaccare o affondare. No non so esattamente come faranno… Un’idea sua certo: coniugare la filosofia Zen con la cucina… Eh, sì, grandioso… Come dici?… Nooooo… Lei è sempre stressatissima, anzi di più ancora adesso che deve aprire il ristorante Zen!”

Ecco, mi mancava.

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