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Il barrio, il quartiere, è quello della movida gay di Madrid, dietro il nostro albergo.

Esco con una coppia di amici madrileni per una tapa, un aperitivo. Sono loro a raccontarmi della chiesa che stiamo per incontrare, in pieno centro. 

Penso a qualcosa di artistico, una delle tante meraviglie che ho visto in questi giorni. Mi sbaglio, è qualcosa di molto più bello.

I palazzi storici si alternano. Poi arrivo davanti ad un portone spalancato, la luce filtra sul marciapiede. Resto sbalordito: l’ingresso si apre su un androne ben illuminato, separato dalla strada da una parete di vetro. Di qua e di là dal vetro dei banchi da chiesa con inginocchiatoio. Sul fondo un altare barocco con l’esposizione del Santissimo Sacramento. Sulla strada. Resto interdetto poi, come i miei amici, faccio una genuflessione sul marciapiede.

Non sono ancora riuscito a riprendermi dallo stupore che arriviamo all’entrata principale della chiesa. Sembra l’ingresso di un negozio di moda: due grandi cartelli ai lati affermano Aqui si puedes. Entro. 

Sulle scale d’ingresso un lavandino in acciaio per lavarsi le mani.

La piccola chiesa, ottocentesca, è bene illuminata e accogliente.

L’altare maggiore, l’altare e l’ambone, i banchi fino a metà navata mi dicono che siamo in una chiesa vera, consacrata. Sulle colonne dei televisori trasmettono immagini di santi, frasi di Papa Francesco. Da metà chiesa verso l’uscita i banchi sono sostituiti da stretti tavoli in legno. Apparecchiati.

A destra e a sinistra due postazioni con poltrone, alle mie spalle, ai lati dell’uscita, un bancone da bar con macchina del caffè. Alcuni preti in tunica parlottano sottovoce. Ne conto tre. Un laico è dietro il bancone. Poi metto a fuoco con chi stanno parlando.

Barboni.

Uno tiene in braccio un cane che gli lecca la mano. Ora capisco la sorpresa.

La chiesa dei barboni. A lato il santissimo per la preghiera, l’altare per la messa, le poltrone per i colloqui o la confessione. Ma anche un caffè o un panino, una toilette in sacristia. E, soprattutto, prima di tutto, qualcuno che accoglie e sorride. Senza chiedere documenti, senza giudicare, senza pontificare.

Non ho mai visto osare tanto.

E qualcuno, ne sono certo, storcerà il naso (confido che quel tipo di persone non leggano le mie parole).

Sono stordito e felice.

Uscendo un prete mi stringe la mano. Fuori leggo meglio l’insegna della chiesa/bar/confessionale: 

Aqui si puedes. Qui è possibile:

bere acqua fresca, cambiare il tuo neonato, scattare foto, usare un wc, prendere un caffè, usare il wifi gratuito, venire col tuo cane, aperto 24 ore, vedere la tv.

Ma, soprattutto:

Aqui se puedes reparar tu corazon.

Riparare il tuo cuore.

Quando si ama tutto è possibile. 

 

6 Comments

  • Giordana, 11 Marzo 2017 @ 16:51 Reply

    Tutto questo è meraviglioso toccare la mano moderna di Gesù…grazie per avermi portata a fare questo viaggio…

  • Paola, 12 Marzo 2017 @ 07:06 Reply

    Davvero viene voglia di andarci in questo luogo dove davvero si coniuga vita e preghiera. Si,lo mettero’ nella lista delle esperienze da vivere….grazie!

  • sapa, 12 Marzo 2017 @ 08:18 Reply

    Bello, Paolo. Un flash messo sulla carta. Una buona lezione per quelli che portano i gemelli ai polsi, di oro e pietre preziose. Buona Domenica.

    • Paolo, 12 Marzo 2017 @ 08:59 Reply

      Una buona lezione per me e per tutti, che anche se non portiamo i gemelli d’oro e di pietre preziose possiamo assumere lo stesso atteggiamento di chi indossa. 🙂

  • Alessandra Dell'Antonio, 14 Marzo 2017 @ 13:40 Reply

    Peccato non esserci entrata, grazie Paolo per aver condiviso. Si potrebbe, e non solo là.

  • Luciana Alessandrini, 18 Marzo 2017 @ 12:27 Reply

    Rileggo e rivivo!

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