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Scuote la terra, il terremoto. Ma anche la fede.

Perché ci trova impotenti, fragili, vulnerabili.

In dieci secondi tutto viene azzerato e polverizzato. Poi lo strazio.

I soccorsi, le vittime, le storie, la polvere, i pianti, la disperazione.

Un flusso di immagini e di notizie impietose che ci stordiscono e ci annichiliscono.

Giusto.

Ovvio.

 

Sperimentiamo con prepotenza un dato di realtà incontrovertibile: siamo polvere.

E tutto ritrova la sua dimensione, tutto riacquista la giusta prospettiva, quella del limite.

Non siamo i dominatori dell’Universo. Nessun no limits, figuriamoci. Nessun mito prometeico.

Fa male dirlo, ma ci siamo disabituati all’evidenza: siamo come la nebbia che si dissolve al mattino.

Nel passato la gente sapeva che sorella morte era lì, davanti alla porta. Una pestilenza, la carestia, una delle stupide guerre che sembrano segnare inesorabilmente l’agire umano periodicamente resettava la Storia.

 

Tocca anche a noi, ora, e ci scopriamo ancora più piccoli e vulnerabili.

Cresciuti in risorse e comodità, in tecnologia e scienza, ma non in consapevolezza.

Nelle tante immagini uno squarcio di intensa umanità. Centinaia di professionisti e volontari, la miglior Protezione Civile del mondo, ma, soprattutto, intensità e cuore. Ogni vita recuperata è un applauso che scarica la tensione, che a tutti ricorda cosa ci è essenziale. Sembra un’altra Italia, questa della solidarietà, come se, per un momento, le polemiche lasciassero spazio al vero e al bello.

Due placche si scontrano, due continenti si spingono. E lì, esattamente sulla faglia, sui nostri appennini, sorgono ridenti paesi, costruiti quando nessuno sapeva che sotto, nel ventre del pianeta, la giovane terra irrequieta cerca una sua sistemazione.

 

Dio, in tutto questo.

C’è. Non c’è. Dovrebbe esserci. Dovrebbe vergognarsi. Ci aiuti.

Nell’ondata emotiva veicolata dal network si legge davvero di tutto. Bene, è giusto che sia così, come una sorta di nuova terapia di gruppo per elaborare la paura, speriamo.

 

È passato il tempo in cui le catastrofi erano lette come punizioni delle divinità corrucciate, Dio cattolico compreso.

È passato il tempo in cui, anch’io, venivo bersagliato di domande che chiarissero, che illuminassero, che spiegassero. E quanto più approfondisco e studio, tanto più mi si impone il silenzio, una gravida afasia che cerca di accogliere l’emozione e la paura, di viverla, e di superarla.

Che accetta il fatto che la fede venga scossa alle fondamenta.

 

No, non lo so cosa c’entri Dio col terremoto.

(Ringrazio l’amico teologo Robert Chaib per la sua bella riflessione).

Mi torna in mente una frase immensa di Gesù. Non risolutiva, certo, né rassicurante.

Che non offre soluzioni o spiegazioni, ma un orizzonte.

 

“In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici.2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. (Lc 13)

 

Davanti al terremoto mi impegno ad essere più vero, più solidale, di godere appieno le tante gioie della vita che Dio mi offre, di rendere intensi e veri i rapporti, di rendere feconde le relazioni.

Di convertire il mio cuore.

 

Di rendere la mia fede antisismica.

 

 

8 Comments

  • Giusi, 26 Agosto 2016 @ 20:05 Reply

    In un vecchio libro di G. Stanghellini, ‘Antropologia della vulnerabilità’ cerco una frase: “la nostra nobile, e vulnerabile, stirpe di umani”. Ci sono giorni in cui questa frase non si capisce soltanto. Si sente, si comprende. Poi, forse, solo la poesia riesce a parlare, sul silenzio che segue al boato di tutti i terremoti. Provo qui a condividerla, come la piccola frazione di un pane semplice, antisismico per chi si sente ‘con’:

    Ci abituiamo al buio
    quando la luce è spenta;
    dopo che la vicina ha retto il lume
    che è testimone del suo addio,
    per un momento ci muoviamo incerti
    perché la notte ci rimane nuova,
    ma poi la vista si adatta alla tenebra
    e affrontiamo la strada a testa alta.

    Così avviene con tenebre più vaste –
    quelle notti dell’anima
    in cui nessuna luna ci fa segno,
    nessuna stella interiore si mostra.

    Anche il più coraggioso prima brancola un po’,
    talvolta urta contro un albero,
    ci batte proprio la fronte;
    ma, imparando a vedere,

    o si altera la tenebra
    o in qualche modo si abitua la vista
    alla notte profonda,
    e la vita cammina quasi diritta (Emily Dickinson)

  • mariacristina Ferrarazzo, 26 Agosto 2016 @ 23:35 Reply

    Eppure l’enfasi c’è, protesa ad un forbito autocompiacimento, gentile Paolo Curtaz, nel suo post. E’ modulato nella secchezza apparente delle parole, ricercate con cura, ad effetto, e il fraseggio è delineato con arte e perizia da scrittore che sa cosa il lettore voglia sentirsi dire. Ciò che mi ha colpito, e tale era il suo intendimento, è il titolo: Fede antisismica.
    La fede si misura? Come? Quando? C’è un mercato per essa, bypassato dalla ragione o dai sentimenti? Chi decide la quantità? Anzi la scala : Mercalli o Richter? Perché abbassare la Fede a mercanzia da robivecchi, ma che dico, a terremoto, contro il quale porre una barriera? Sì i dubbi di fede ci possono essere ma non solo in occasioni così nefaste, considerate alle volte ineluttabili ( salvo responsabilità amministrative ben precise). La Fede è un dono che non possiamo farci, ma che noi contribuiamo ad incrementare quotidianamente nel rapporto intimo che si ha con Dio, con Cristo. Non si misura, non si blinda, si sente, si prova, la si cerca, la si gusta se ci si arriva, anche nel piccolo gesto del quotidiano… ma non si misura perché appunto noi, minute creature ( di Dio), non siamo in grado di capire certe misure che non sono misurabili con la nostra razionalità, con i nostri sensi e capacità cognitive.Possiamo intuire molto, arrivare a delle conclusioni, seppure parziali, ma non potremo mai raggiungere una valutazione della nostra Fede e di quella degli altri. Il credente si interroga, certo, e proprio ieri mi veniva in mente la frase ricorrente di un giovane: “perchè Dio permette il male?” Lei sa rispondere? Si può dire che la fede possa essere antisismica? La fede è anche speranza ed è legata alla Misericordia di Dio, che nè lei nè io possiamo misurare, in alcun modo. E penso che la fede si dovrebbe cercare umilmente nel quotidiano, nel silenzio vero,non solo in parziali risvegli da sisma o da paura, non di fronte a tragedie del genere,( che a taluni fanno perdere la fede stessa) usando come misura delle cose solo la razionalità di chi si crede al centro del mondo ed è una briciola di pane sparsa al vento.
    Quale misura conta davvero?
    L’umiltà, come ci ricorda in primis, Papa Francesco, l’umiltà che di sismico non ha proprio nulla…

    • Paolo, 27 Agosto 2016 @ 08:54 Reply

      No certo, non so rispondere come è bene che sia. Fede dono e fede risposta, fede che non sa se è antisismica e che, perciò ci lascia continuamente in uno stato di ricerca dolente e necessaria. La riflessione resta tale, aperta a mille sviluppi, lasciata concludere a chi legge, se vuole. Come resta aperta in chi scrive. La consapevolezza del limite, l’umiltà, appunto, è un approdo temporaneo che non colma le domande né appiana il dolore, ma che permette uno sguardo che non sia superbo o rancoroso nei confronti di DIo.

  • Federica, 27 Agosto 2016 @ 12:49 Reply

    Ho letto da qualche parte, non ricordo dove: sono nato ma non ho chiesto di nascere, di tutto ciò che è avvenuto nella mia vita la maggior parte non l’ho cercata, non l’ho voluta, ma Dio stesso me l’ha donata; in tutti gli avvenimenti, ho visto che qualcuno mi spianava il sentiero davanti, o se ciò non avveniva, ho imparato che la prova, la difficoltà, la durezza della vita erano necessarie alla mia crescita, alla mia rinascita. Tutto ciò è avvenuto senza il mio intervento! Allora ho detto: la mia vita è gestita da Dio, la morte, prima o poi, non si potrà evitare, pertanto non ho nulla per cui preoccuparmi e non ho nulla su cui indagare, perché ci sono delle cose che non ci è dato sapere!
    Io di una cosa sono certa: Dio è con noi e vuole la Salvezza di Tutti gli uomini, se queste catastrofi avvengono non è certo per mano di Dio… ma anche se così fosse, sicuramente avviene non per un riassettamento geologico, ma per un riassettamento della Fede, la Vera Fede, quella che dice che chiunque crede sarà salvato: Credi tu questo? E allora vai in pace, la tua Fede ti ha salvato!
    E io, da parte mia dico: “Credo Signore, Credo Signore Amen, si compia in me la Tua Volontà!
    Shalom ?

  • francesco, 28 Agosto 2016 @ 15:40 Reply

    «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».

    • mariacristina Ferrarazzo, 29 Agosto 2016 @ 16:24 Reply

      Scusi Francesco, non vedo alcun collegamento fra la parabola che ha citato ( Luca:16-21), e la situazione accaduta. Cosa ne sappiamo, se queste persone erano dei buoni cristiani e aiutavano gli altri? Possedere una casa di per sé non indica ricchezza…

  • francesco, 29 Agosto 2016 @ 17:05 Reply

    la parabola innanzi citata, come notato non ha alcun riferimento agli eventi tragici ultimi, ma vuol essere solo di ulteriore riflessione e in accordo a quanto sopradetto : “Davanti al terremoto mi impegno ad essere più vero, più solidale, di godere appieno le tante gioie della vita che Dio mi offre, di rendere intensi e veri i rapporti, di rendere feconde le relazioni”.
    Quindi: progettare l’Oggi.

  • Janus, 1 Settembre 2016 @ 01:09 Reply

    “È passato il tempo in cui le catastrofi erano lette come punizioni delle divinità corrucciate, Dio cattolico compreso.”

    Ed infatti oggi non sappiamo più trovare il bandolo della matassa …. e ci allunghiamo in tanto lunghi quanto inutili giri di parole.

    Caro Paolo te lo dico senza isterie piccolo credulone.

    Sono 25 anni che scavo tra le macerie o ravano nel fango. Ad Amatrice oggi come all’Aquila od in Emilia ieri e piu’ indietro ancora.

    Dare un senso a chi rimane è un dovere, un obbligo.
    Senza Dio attore … rimane solo il sisma, la morte ed il vuoto. Un giorno ti porterò in un campo … e capirai quanto quel vecchio adagio che da cattolici adulti abbiamo archiviato con sollievo sia invece l’unica medicina ….

    Il Timor di Dio è un dono dello Spirito Santo …

    Ricominciamo a costruire la Fede dai Novissimi …

    Con affetto.
    Janus

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