Una settimana. Poco, direi.
Soprattutto per uno come me che dice ai suoi pellegrini di aspettare sei mesi prima di valutare un’esperienza. Ma questo no, devo posarla ora perché l’estate già volge al declino e so che altre emozioni prenderanno il posto di queste.
Conoscevo Romena da molti anni ma, di fatto, non ero mai stato. La preziosa occasione di essere invitato a fare un intervento durante i tre giorni del convegno estivo mi hanno fatto decidere. E ho fatto benissimo a partecipare.
Don Gigi ha perfettamente ragione. Non so se la toscanità e la valdostanità abbiano elementi comuni ma, senz’altro, la sua idea che Romena è la Pieve e tutto ciò che bisogna fare è conservarne la bellezza mi trova totalmente d’accordo. Il posto è così bello da far male. E così ben tenuto, con garbo, cura, intelligenza, da innalzare una lode continua a Dio.
I colori, gli odori, la luce del casentino hanno attratto monaci ed eremiti, da Francesco a Romualdo, fino a noi oggi. E Dio solo sa di quanta bellezza abbiamo bisogno per sognare.
Romena è stata l’occasione, per me, di incontrare persone straordinarie, di fare con loro lunghe conversazioni: alcune già conosciute, come Bettazzi, altre che si sono rivelate una sorpresa assoluta, come mons. Gaillot. (www.partenia.org). E amici come don Gigi e Gianni o i tanti che a Romena hanno un riferimento e che leggono i miei libri, e che mi onorano della loro attenzione.
Qui a Romena si apprezza subito la logica dell’accoglienza. Nessuno chiede nulla, tutti sono rilassati, la preghiera incontra le corde essenziali. Poco formalismo, molta libertà interiore.
Trovo bellissimo il fatto che lo Spirito suscita realtà come questa, accanto ad altre più istituzionalizzate e formali e che disegni intrecci fra cercatori di Dio sparsi per l’Italia.
Un grande dono per la Chiesa. E per me, irrequieto per grazia.
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