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Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». 
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». 
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista. Mt 17,10-13

Non è stato riconosciuto Elia. Quell’Elia che tutto il popolo di Israele si aspettava tornasse per inaugurare il tempo messianico. I discepoli capiscono che Gesù si sta riferendo a Giovanni Battista, che è proprio lui il Profeta atteso e misconosciuto. Giovanni, probabilmente, non rispondeva alle attese delle folle poco incline ai miracoli (Gesù lo sarà ancora meno!) e allo spettacolare. E così Elia non è stato riconosciuto così come anche noi fatichiamo a riconoscere i profeti in mezzo a noi; forse perché non sono appariscenti e non sembrano così eccezionali, i profeti spesso sono ignorati oppure accolti con superficialità e scetticismo, come persone originali e poco significative. E così ci perdiamo la salvezza. Proprio come il ricco epulone della parabola che vorrebbe mandare il povero Lazzaro nel regno dei viventi per ammonire i propri famigliari. No, gli risponde Abramo, hanno già la Parola e i profeti. Allora smettiamola di aspettarci segni prodigiosi e accogliamo ciò che già abbiamo: la parola di Dio, la predicazione della Chiesa, la vita sacramentale, la preghiera. Sono strumenti più che sufficienti per accorgerci del Signore che viene, senza dover aspettare eventi mirabolanti.

 

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