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In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna». Mt 19,27-29

Nel cuore dell’estate la Chiesa celebra con gioia uno dei suoi figli più preziosi: Benedetto, che in un momento tragico della storia dell’Europa e della Chiesa, seppe trovare un modo tutto nuovo di stare con Cristo rifondando l’umanità.

Benedetto benedetto! Di nome e di fatto! Il suo desiderio di rifugiarsi nel Signore, lontano dal mondo, quel bisogno assoluto di galleggiare sulle macerie di un mondo in disfacimento attingendo e rielaborando precedenti esperienze di vita comunitaria fatte da altri, hanno “inventato” il monachesimo occidentale. La sua regola, a distanza di un millennio, risplende per il suo equilibrio e il suo buon senso e ancora attira migliaia di uomini e donne a lasciare tutto per vivere sotto la guida di un abate sulle strade della sequela di Cristo. Benedetto ricorda alla nostra società e alla nostra Chiesa, troppo spesso ridotta ad agenzia di servizi religiosi, la priorità dell’interiorità, della meditazione e della preghiera. Come bene scrive nella sua regola, il discepolo non deve anteporre nulla all’amore di Cristo. Troppe volte, invece, anche se credenti, anche se discepoli, troviamo mille cose da fare prima di fermarci e di lasciarci amare dalla tenerissima presenza del Maestro. I monaci, ancora oggi, sono lì a dimostrare all’umanità che vale la pena vivere dedicando ogni energia alla ricerca di Dio e all’ascolto della Parola. Imitiamone il cammino nella condizione in cui viviamo!

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