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Il 4 luglio 1925 moriva, dopo una settimana di malattia, una poliomielite fulminante, il giovane Piergiorgio Frassati.
Nella sua splendida casa borghese di Torino, sua madre era una pittrice, suo padre il proprietario del quotidiano “La Stampa” nonché ambasciatore e senatore, nessuno diede peso a quella febbricola, presi dalla malattia della nonna materna.
Luciana, la sua amata sorella, era andata in sposa quello stesso anno, lasciando Piergiorgio in una situazione di sofferenza interiore palpabile: incompreso dai genitori, che biasimavano la sua fede entusiasta e schietta, preoccupato per le loro continue liti, indeciso sul suo futuro, ormai prossimo alla Laurea in ingegneria mineraria, il giovane innamorato di Cristo non vedeva futuro nella sua vita agiata e inutile.
Ma Dio sì.

Il giorno del suo funerale la piazza era invasa da una imprevedibile enorme folla.
Non erano presenti soltanto i rappresentanti della Torino “bene” ma migliaia di poveri che, nella foto listata a lutto pubblicata dal quotidiano del padre, avevano riconosciuto il giovane che, più volte a settimana, faceva visita ai loro tuguri portando cibo e legna.
I genitori e tutta Torino ne restarono turbati.

Piergiorgio non era un sacerdote, né ambiva ad esserlo.
E nemmeno il fondatore di una congregazione.
Non era un fanatico, un bigotto (“Sono rimasto cristiano” diceva), né in alcun modo era simile allo stereotipo del santo melenso e insipido che abbiamo in mente.
Voleva diventare ingegnere minerario per stare accanto agli operai ma il padre, per lui, aveva già deciso una carriera nel quotidiano che da lì a poco verrà venduto a causa delle posizioni anti-fasciste.
Era un giovane forte, deciso, appassionato della vita, gran compagno e amico, amante della montagna. Ma la sua gioia derivava dalla fede quasi tenuta nascosta ai genitori, dall’eucarestia quotidiana, dall’amore ai poveri, dall’appartenenza al laicato cattolico formato da una lungimirante classe sacerdotale.

Così oggi, a 90 anni dalla sua morte, il giovane Piergiorgio ha ancora tanto da dare e da dire al nostro laicato e ai nostri giovani.

2 Comments

  • Alice Delfino, 4 Luglio 2015 @ 11:33 Reply

    “Non esiste una fede che non si concretizzi nell’azione e un’azione che non si arricchisca con una crescita interiore”. Giusto?
    Sicuramente P. Frassati, con la sua fede entusiasta e schietta era riuscito a realizzare una vita che sapeva ricevere e donare nell’intima relazione con Dio e nella comunione con i bisognosi, nella semplicità ma nella forza …tutt’altro che cristiano “tiepido”!!!

  • Roberto S., 7 Luglio 2015 @ 15:37 Reply

    Grazie Paolo,
    da poco è mancato un mio carissimo amico di nome Piergiorgio.
    Una persona fantastica che per oltre 20 anni ha convissuto con una malattia devastante come la SLA. Sostenuto da una fede autentica e dall’amore della famiglia, paradossalmente ( per le condizioni di salute) sapeva trasmettere attraverso gli occhi luminosi e l’unica falange in grado di muoversi ( collegata ad un computer dove poteva condividere i suoi pensieri) una gioia per la vita senza pari.
    Una grandissima lezione di vita che mi ha cambiato per sempre.
    Grazie a lui ho conosciuto ( tra le altre cose) la splendida persona di P. Frassati
    Ti sono quindi particolarmente grato per queste righe.
    Roberto S. – Como

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