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In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Gesù chiede ai suoi discepoli di essere umili, cioè concreti e fecondi, per lasciare spazio dentro di sé a Dio. E, oggi, chiede ai discepoli di fuggire la logica del tornaconto e del calcolo, la logica che domina questo mondo. Anche negli affetti e nelle amicizie possiamo intessere dei legami che, in fondo, possono darci un qualche vantaggio. La descrizione del pranzo offerto agli amici importanti è un’esemplificazione efficace di come, anche nel quotidiano, tendiamo a mettere noi stessi e il nostro vantaggio come criterio di giudizio per le nostre scelte… Gesù, invece, chiede di non mettere sé al centro, ma chi ci sta di fronte, di mettere al centro dell’attenzione il fratello che ci sta accanto, specialmente quello più povero. È una vera a propria rivoluzione, una conversione inattesa e radicale: passare dal cercare di ottenere il massimo vantaggio dagli altri; al capire che solo dando si riceve, solo spendendosi si guadagna senza volerlo, senza prevederlo. Il discepolo vola alto, è talmente riempito di Dio da non sentire la necessità di essere gratificato da altri: non ha bisogno di elemosinare approvazione, di sgomitare per prevalere sugli altri. Egli dimora in Dio e questo basta.

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