Scherzo sempre sulla mia riluttanza a stare per troppo tempo in città. L’ho ribattezzato “orizzontal limit”; così come esiste un “vertical limit”, un limite verticale, 8000 metri, oltre il quale il corpo inizia a morire (di edema polmonare o cerebrale) anche se si è in piena salute e perciò occorre rientrare in fretta (lo sanno bene gli alpinisti!) io ho un altro limite: se resto per più di 48 ore in una città inizio a decompormi.
Sarà il rumore o lo smog o la folla, ma è un dato di fatto.
Perciò, pur amando Milano e la Milano di questi giorni freschi e tersi, ho sempre l’occhio all’orologio.
Scendo in occasione di qualche conferenza e ne approfitto per vedere gente, per sbrigare delle commissioni e visitare il mio editore. Ma oggi mi sono avanzate due ore e, dopo aver salutato diligentemente il grande san Carlo (in Duomo, intendo) e sant’Ambrogio (da lontano con la manina), sono entrato per visitare la mostra a Palazzo Reale sull’Editto di Milano.
Proprio qui a Milano, una delle quattro capitali dell’Impero, nel 313 l’Imperatore Costantino firmò un editto che, di fatto, metteva fine alla persecuzione contro il cristianesimo e apriva un’epoca di tolleranza verso tutte le espressioni di fede.
Mostra importante con un eccellente impianto didattico e qualche pezzo artistico notevole.
Ma più delle opere d’arte e dei ritratti di Massenzio o Costantino o la sezione sulla regina Elena, madre santa dell’Imperatore, più dello sviluppo del simbolo della croce cucito sul labaro prima della battaglia di ponte Milvio, più dei preziosissimi calici e simboli religiosi, sono rimasto travolto da un piccolo frammento di intonaco che avevo visto molte volte sui libri e che, per la prima volta, ho visto dal vero.
Proviene dal Paedagogium del Palatino è della prima metà del III secolo.
Ai piedi di un crocifisso dalla testa d’asino che è visto di spalle e indossa una tunica corta, una specie di maglietta, Alexamenos adora il suo Dio. “Alexamenos sebete theon”.
La croce era per gli schiavi, il giovane cristiano Alexamenos doveva essere un paggio del palazzo e con questo graffito uno dei suoi compagni di studio ha voluto prendersi gioco di lui e del suo dio morto in quel modo umiliante, ridicolo.
Ho provato un brivido nel vederlo.
Vero: siamo degli idioti a seguire un crocifisso.
Quell’immagine è la sintesi della splendida follia della nostra fede.
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