Si chiamano Alireza Mafiha e Mohammad Ali, sono iraniani, hanno vent’anni. Non importa quale colpa sia loro imputata. Pare furto. Reato punibile con la pena di morte. Punirne uno per educarne cento, sempre così hanno fatto i regimi. Poco importa cosa pensi la numerosa folla accorsa per la loro impiccagione pubblica. Poco importa che il Dio offeso sia Allah il misericordioso: anche Jeshua di Nazareth venne crocifisso per bestemmia. E numerosi uomini e donne bruciarono accusati dai discepoli del Nazareno, quindi noi cattolici abbiamo i nostri scheletri nell’armadio della storia. Quando l’uomo si arroga il diritto di uccidere un suo simile, appellandosi a Dio, è Dio a morire per primo.
Ma questa foto, rimbalzata su tutte le agenzie del mondo, scuote e impressiona: uno dei due ragazzi, travolto dalla paura, piange sconsolato sulla spalla del suo boia.
Tutto il giorno quell’immagine è stata dietro ogni mia azione.
Non so che dire.
Forse non c’è nulla da dire.
Solo piangere con quel Dio nel cui nome vengono ancora uccisi dei ragazzi.
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