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Nello straordinario e complesso racconto giovanneo, esiste un passaggio che voglio sottolineare.
Quando Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, abituate ad accogliere il Signore nella loro casa a Betania, sanno della presenza di Gesù, escono di casa, disperate, si affidano all’amico e Maestro.
Il racconto è un crescendo di emozioni, di testimonianze di fede delle sorelle, ma anche di umanissimo sconforto e pena. 
Quando Gesù vede la disperazione delle sorelle e della folla, resta turbato, e scoppia in pianto.
All’inizio del vangelo a Giovanni e Andrea, discepoli del Battista, che, su indicazione del profeta, lo avevano seguito e gli chiedevano dove abitasse, Gesù aveva risposto “venite e vedrete” (Gv 1,39). 
Ora è Gesù che si fa discepolo, che è invitato ad andare.
Come se, fino ad allora, non avesse visto fino in fondo quanto dolore provoca la morte.
Come se fino ad allora Dio non avesse ancora capito quanto male ci fa la morte, quanto sconforto porta con sé il lutto.
Come se Dio non sapesse.
Come se Dio imparasse cos’è il dolore.
Dio piange, davvero.
E quel pianto ci lascia interdetti.

Quel pianto ci sconcerta, ci scuote, ci smuove.
Dio, ora, sa cos’è il dolore.
Fra poche ore andrà fino in fondo, portando su di sé tutto il dolore del mondo.
Dio e il dolore si incontrano. Non è bastato che Dio diventasse uomo per condividere con noi la vita. Ha voluto imparare a soffrire, per redimere ogni pena.
Ci basta?
Non lo so.
Davanti ad un Dio che condivide, non sempre il nostro cuore si convince, si converte.
Come coloro che vedono il pianto di Gesù.
Alcuni notano l’amore di Gesù per Lazzaro, la sua compassione.
Altri, cinicamente, obiettano: Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?
In queste parole abbiamo tutta la contraddizione dell’essere umano.
Preferiamo un Dio che condivide il nostro dolore o un Dio che ci evita il dolore?

 

66 Comments

  • Lucia1, 8 Aprile 2011 @ 09:44 Reply

    La tua domanda, che hai già posto altre volte, mi ha sempre sconvolto, perchè dentro di me, in tutta onestà, preferirei un Dio che mi evitasse il dolore: “Se possibile, allontana da me questo calice”.
    Ma poichè per tutta la mia vita ha sempre avuto ragione Lui (me lo ha dimostrato più volte), dimostrandomi il Suo Amore, mi dico che è preferibile che Lui condivida il nostro dolore e che questo suo modo di agire è ciò che ci dà la vera pace e felicità.
    Ho ancora una fede infantile, lo so: non riesco a superare questo scoglio… Forse più avanti nel cammino….

  • Molly, 8 Aprile 2011 @ 18:02 Reply

    ma che domanda: anche io preferirei un Dio che allontana il dolore, quello dei bambini in guerra, dei bambini violati, dei malati, dei moribondi abbandonati, dei disperati dei drogati degli affamati insomma la lista è lunga… ma il Dio che conosco invece vuole aprire la mia tomba anche se puzza (il morto lazzaro è già di 4 giorni e purtroppo per esperienze non è un olezzo sopportabile neanche per un secondo!) vuole essere il mio Dio l’amico che mi toglie dalla morte non dal dolore! ma avete presente un Dio che condivide la puzza della morte per trasformarla in vita..?. non è poco… non è una sciocchezza togliere quella pietra … come se poi Dio non sapesse il dolore cosa sia… ma noi lo pensiamo un pò sadico se non ci toglie il dolore e le difficoltà… allora ho imparato ad amare quel Dio che per esperienza mi ha sempre tolto dalle mie tombe non dai dolori!

    buon cammino verso la pasqua a tutti!
    a gerusalemme
    molly

  • Vera, 8 Aprile 2011 @ 22:38 Reply

    Domanda retorica Paolo? Io la vedo così! Vuoi davvero che rispondiamo?!
    non voglio parlare del dolore… ma dico solo questo:

    Quando qualcuno tra i miei amici – non conoscenti, ma amici: le persone a cui voglio davvero bene – ha qualche problema o sta male… allora sto un po’ male pure io. E faccio tutto quello che posso per loro…
    Ed io sono solo una donna! (anche se fatta a immagine e somiglianza di Dio!)
    Ora immagino quanto Dio possa star male quando vede i suoi amici star male…
    solo che…
    i suoi amici di oggi siamo noi! io mi chiamo VeraMarta VeraMaria VeraLazzaro… e Dio soffre con me (mentre io soffro per le cose mie e anche per le cose dei miei cari e Dio soffre per me e per le cose dei miei cari che soffrono con me per le cose mie…) tutti com-patendo tutti. (valle di lacrime)
    E Dio che piange con-me-e-per-me ancora oggi, mi fa rinascere e mi consola allo stesso tempo. E così fa con tutti.
    stupore.

    essere amica di Dio, oltre che sua figlia ed erede… mi dà pace stasera. (che sia così anche domani e dopo)
    —-
    P.S. quando penso alla compassione di Gesù mi viene sempre in mente anche questo:
    “Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!

  • alexis, 9 Aprile 2011 @ 00:35 Reply

    Gesù si presenta dopo quattro giorni (perbacco Gesù, Te la prendi comoda!):
    piange Gesù,piange per la morte dell’amico e per la sofferenza che questa morte ha causato (il dolore); ha dovuto attendere; il Padre Gli avrebbe accordato la salvezza dell’amico Lazzaro?(lo sgomento); “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”!
    (il rimprovero).
    Dio vive la nostra vita, ogni giorno, ogni ora, ogni istante; Egli vive, soffre e lotta con noi e per noi; a Lui non viene risparmiato neppure il rimprovero.
    Lui,invece, non guarda, anzi copre, giustifica i nostri errori, le nostre colpe, e al rimprovero risponde con la salvezza; si, ci chiama e ci salva: a ciascuno di noi Gesù grida “Lazzaro, vieni fuori!”

    Poiché tutto ciò che è manifesto è luce, per questo è detto:
    «Risvègliati, o tu che dormi,
    e risorgi dai morti,
    e Cristo ti inonderà di luce». (EF 5,14)

  • edda, 9 Aprile 2011 @ 14:33 Reply

    Le parole che mi sono restate impresse ieri sera alla catechesi del mio parroco sono state:
    “Dio non ci salva dalla morte,
    ci salva NELLA morte.”

  • angelo, 9 Aprile 2011 @ 17:14 Reply

    Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
    C’è un tempo per nascere e un tempo per morire(Qoèlet 3,1-2):

    La morte è un evento naturale, chi nasce prima o poi deve anche morire; pertanto, la morte del corpo è ben poca cosa rispetto alla morte dell’anima.
    La morte dell’anima è il peccato, ed ecco che Dio ci dona salvezza nella morte; Egli tende la Sua mano e rialza chi è caduto; Egli grida a gran voce e Lazzaro, immerso nell’ombra della morte, rinasce a nuova vita.
    C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere(Qoèlet 3,4)

    Ciò che è, già è stato; ciò che sarà, già è; Dio ricerca ciò che è già passato.
    Ma ho anche notato che sotto il sole al posto del diritto c’è l’iniquità e al posto della giustizia c’è l’empietà.
    Ho pensato: Dio giudicherà il giusto e l’empio, perché c’è un tempo per ogni cosa e per ogni azione (Qoèlet 3,15-17).

    Dio ci salva dalla morte dello spirito, ci dona la Fede; e la fede, è la Vita dello Spirito, affinchè possiamo camminare in Santità e Grazia per tutti i giorni della nostra Vita, e giungere al suo cospetto Santi e Immacolati nell’Amore.

  • milena, 9 Aprile 2011 @ 19:20 Reply

    …qui c’è da distinguere tra i due verbi greci, tra ‘piangere’ e ‘singhiozzare’.
    Le sorelle e i Giudei piangono la morte di Lazzaro ed è il pianto che significa disperazione per qualcosa che non c’è più: non hanno ancora compreso la novità che lui già aveva detto e cioè che la vita
    che Lui comunica è capace di superare la morte.
    Gesù già l’aveva detto: “Chi osserva la mia parola non morirà mai”; ma ancora non è stato capito.
    Gesù di fronte al sepolcro non scoppiò in pianto, ma “lacrimò”.
    L’evangelista distingue il pianto dei Giudei e delle sorelle, che è un pianto di disperazione, e il lacrimare di Gesù che è espressione di dolore…(A.Maggi)

    • simone, 11 Aprile 2011 @ 08:46 Reply

      giusto, grazie della sottolineatura!
      Infatti i verbi sono diversi.
      Si usa il verbo “klaio” per il pianto delle sorelle e i giudei, mentre il verbo “dakryo” per Gesù.

      Il primo è un pianto di disperazione. Maria senza il fratello è come se perdesse se stessa, è troppo “legata”. Il fratello è la sua ragione di vita.

      Il pianto di Gesù invece è una sofferenza normale per la scomparsa dell’amico…che dà speranza.

      • simone, 11 Aprile 2011 @ 08:53 Reply

        C’è anche una sorta di accusa a Gesù “Signore se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!” (11,32).
        Sono talmente disperate le sorelle che incolpano Dio per ciò che accade.

  • michaela, 9 Aprile 2011 @ 20:15 Reply

    Infatti, anch’io non riesco a vedere un Gesù che scoppia in un pianto disperato, secondo me Gesù si commuove, si commuove sempre, la sua può essere una commozione di dolore, una commozione di gioia, una commozione di compassione e le lacrime gli sgorgano spontaneamente dagli occhi (lacrima), non riesce a frenarle e non si vergogna perchè quelle lacrime sono uno stato di grazia che Dio stesso gli dona.

  • Lidia, 9 Aprile 2011 @ 23:11 Reply

    Acqua come acqua sorgiva di Gesù per la samaritana
    Acqua come saliva di Gesù per il cieco nato
    Acqua come lacrime di Gesù per Lazzaro
    Acqua dal costato di Gesù per noi tutti

    E siamo partiti con un deserto delle tentazioni dove di acqua non ce n’è proprio.

    Acqua e terra e si rinnova la creazione.

  • paola, 10 Aprile 2011 @ 14:01 Reply

    io invece penso che Gesu’ sia proprio scoppiato a piangere. Non e’ una questione di fede, ha aspettato 4 giorni,certo sapeva di poter anche guarire Lazzaro Ma, a ridosso della Sua morte (ormai non manca molto), per aiutare gli altri a credere nell’Altra Vita, si presenta quando per tutti noi sarebbe troppo tardi. E Lazzaro torna tra i viventi: episodio che mi lascia sconcertata,mistero quasi piu’ grande del mistero della Resurrezione (Gesu’ e’ Dio dopotutto). Qualche sera dopo si ritrovano e mangiano insieme, come se nulla fosse. Certe volte penso: se fossi stata li’ allora? Che gioia indicibile! Ma che responsabilita’enorme anche: dover credere subito a tutto, senza tanti catechismi, c’e’ Lui in persona che parla

  • lia, 10 Aprile 2011 @ 14:58 Reply

    Anch’io chiedo sempre acqua quando mi sento non amata e non compresa.E un bisogno primario, un’arsura fisica che mi soffoca in gola …In questi giorni vivo come nel Vangelo il dolore per una mia cara amica che è morta…e tante parole inutili sento attorno a mè.Ma il SIgnore è la luce che vince la morte…con il suo amore misericordioso, Il miracolo di una lacrima condivisa e una preghiera silenziosa è il volto di Cristo in mezzo a noi!

    Grazie Paolo per le tue Parole, che sento “vive”per tutti i cercatori di Dio”

  • Paolo, 10 Aprile 2011 @ 16:51 Reply

    Certo possiamo attenuare il singhiozzare e il piangere, ma il sentimento provato da Gesù (turbamento) indica un sommovimento intimo, improvviso, un vero sconvolgimento emotivo. Giovanni sottolinea il progressivo coinvolgimento di Gesù. La sua non è una lacrima di compassione ma, secondo me, una vera scoperta interiore.

  • Lidia, 10 Aprile 2011 @ 17:29 Reply

    In effetti, Paolo, è un pianto forte, potente e appassionato.
    “Scoppiare in pianto” non è un pianto sommesso di compassione: è solo passione.

  • michaela, 10 Aprile 2011 @ 20:26 Reply

    Si, Lidia anch’io penso che Gesù non piange sommessamente, bensì intensamente, il suo pianto sale dal cuore dalle viscere;in questo caso è un pianto di dolore puro; Gesù si lascia coinvolgere emotivamente, ma come ho già detto prima, non si lascia prendere dalla disperazione; come può provare disperazione Colui che si abbandona alla volontà del Padre, sapendo che il Padre non lo lascerà deluso?

  • michaela, 10 Aprile 2011 @ 23:15 Reply

    Cosa significa, Paolo, “La sua non è una lacrima di compassione ma, secondo me, una vera scoperta interiore?”

    • Paolo, 11 Aprile 2011 @ 06:55 Reply

      Quello che scrivo nel post: come se Dio scoprisse quanto male fa il dolore…

  • angelo, 10 Aprile 2011 @ 23:42 Reply

    Paolo:
    Ci basta?
    Non lo so.
    Davanti ad un Dio che condivide, non sempre il nostro cuore si convince, si converte.

    Ora io chiedo:
    Cosa vogliamo da Dio?

    A me basta tutto: a me basta solo che mi guardi, a me basta la Sua mano sulla spalla, a me basta il dolore che provo, a me basta la gioia che provo quando provo dolore, a me basta la dolcezza delle lacrime che scaturiscono dal dolore, a me basta tutto, basta che Lui ci sia, e tutto il resto non conta.
    Non importa che arrivi presto o tardi (Lui non guarda l’ora), l’importante è che arrivi; e quando arriva Gli dico: “mio Signore e mio Dio, mio Dio e mio Tutto, mia Gioia mia Forza, mia Speranza mia Luce, mia Dolcezza, mio ineffabile Amore, mio unico Bene in cui confido.
    Pazzo? si d’Amore per Dio.

  • Lidia, 11 Aprile 2011 @ 07:41 Reply

    Mah, stranamente ieri di questo Vangelo ho quasi risentito le parole al mattino di Pasqua:
    “Perchè guardate una tomba vuota?”

    Non lo so, ma ho quasi l’impressione di essere rimasta al pianto, al dolore e non ai comandi di Gesù:
    “Vieni fuori” e “Liberatelo e lasciatelo andare”.

    Che credo siano parole rivolte a me ancora oggi

  • simona, 11 Aprile 2011 @ 11:52 Reply

    ….2 settimane fa sono stata ad un ritiro spirituale,e nella chiesetta della casa di questi padri c’era una pala d’altare con il cenacolo…ma di fianco a Gesù c’era questo apostolo,accasciato sul tavolo,con la testa nascosta nell’incavo delle braccia,che mi ha fatto sorgere un sacco di pensieri.
    prima di tutto:chi è? e poi…xchè dorme??? è seduto accanto al Signore,che gli tiene addirittura una mano sulla schiena,e lo guarda benevolo.
    oppure…oppure piange?
    è possibile che sia l’unico che ha capito cosa sta x succedere?
    ….non so cosa volesse esprimere l’autore,più di 400 anni fa…
    ma x me è attuale come non mai.
    questo discepolo potrei proprio essere io,mentre piango e il Signore con la Sua mano e il suo sguardo affettuoso mi consolano e mi dicono….”io sono qui.”
    potrei essere io nel momento in cui dormo,e il Signore dolcemente mi sveglia,”state pronti,e vegliate! ”
    …..questo chiedo a Lui,nient’altro, di esserci come per quel misterioso apostolo…di condividere con me la Vita, e anche la morte.

  • Dino, 11 Aprile 2011 @ 12:26 Reply

    Contemplando la pagina di questo vangelo vedo l’onnipotenza di Dio nella sua capacità di entrare in una delle sperienze più drammatiche dell’uomo. Fino in fondo si è fatto uno di noi e continua ad esserci nei nostri sepolcri, perchè ha sperimentato la condanna, il dolore e la morte. Prende tutto su di sè. Chissà fino a che punto sono disposto a farlo io per gli altri! Signore, trasforma il mio cuore egoista in un cuore misericordioso che sappia compatire e stare accanto.

  • alexis, 11 Aprile 2011 @ 14:24 Reply

    Lidia:“Perchè guardate una tomba vuota?”

    I due episodi, non credo abbiano un collegamento, anche perchè le circostanze sono diverse: nel primo caso Lazzaro è chiamato a venir fuori, teologicamente parlando, fuori dal suo essere Lazzaro, dal suo essere uomo, dal suo peccato (vieni fuori tu che dormi e dà Gloria a Dio);

    nel secondo caso Gesù stesso,Dio, è glorificato da Dio Padre con la Risurrezione (Colui che cercate non è qui, è Risorto); anzi Gesù è sceso agli inferi per salvare coloro che giacevano nelle tenebre.

    Simona: chi è? e poi…xchè dorme???
    è possibile che sia l’unico che ha capito cosa sta x succedere?

    Giovanni, il discepolo che Gesù amava, si fida ciecamente di Gesù, si abbandona totalmente tra le Sue braccia; e qualunque cosa succeda, anche se non lo dice, a differenza di Pietro, lo seguirà fino alla morte, come in effetti è stato; la ricompensa però non è stata da meno, ha preso con sè, nella sua casa la Madre di Gesù, Madre sua e dell’umanità, dal quel momento in poi.
    Secondo me non è stato l’unico che abbia capito cosa stesse per succedere, sicuramente è stato l’unico che, in quel momento,ha avuto il coraggio di portare la Croce e che abbia amato Gesù fino alla morte e di conseguenza anche fino alla Risurrezione (è stato il primo a correre al Sepolcro il primo giorno dopo il sabato), e dulcis in fundo, fino alla Gloria Eterna.

    Dino:trasforma il mio cuore egoista in un cuore misericordioso che sappia compatire e stare accanto.

    Dino, io credo che tu riesca ad essere misericordioso con te stesso, credo che tu riesca a compatire te stesso, e credo che ti piaccia avere qualcuno accanto; bene! ciò che tu chiedi, non è difficile attuarlo: Gesù ci ha lasciato un Comandamento nuovo, il Comandamento dell’Amore:”Ama il prossimo tuo come te stesso”.

  • angelo, 11 Aprile 2011 @ 14:40 Reply

    Simone:Sono talmente disperate le sorelle che incolpano Dio per ciò che accade.

    Noi uomini non pensiamo quasi mai a Dio, però, nel momento delle disgrazie, la colpa è sempre di Dio. E le nostre azioni, il nostro libero arbitrio, dove sono finiti? Molte volte dipende da noi stessi; altre volte Dio da un male ne ricava sempre un bene (tipo l’amico Lazzaro); altre ancora, non siamo tenuti a sapere il disegno di Dio.

  • Paolo, 11 Aprile 2011 @ 19:59 Reply

    D’accordo: le sorelle accusano Gesù di essere in ritardo, di non avere fatto nulla. è la reazione che ci viene spontanea: caricare Dio delle cose che non capiamo

  • Paola, 11 Aprile 2011 @ 22:01 Reply

    Il dolore mi ha sempre dato molto fastidio, in tutti i suoi aspetti: questo accidenti di dolore che è come “impastato” in tutte le cose della vita, anche quelle più belle. Forse anche per questo, fin da bambina, ho desiderato di fare il medico: lo sono ormai da 22 anni e il dolore è una dimensione quotidiana e pregnante nella mia vita (sono medico di famiglia in un piccolo paese e le persone mi rivelano non solo le malattie del corpo ma anche quelle del loro animo..)
    A me un Dio che piange e soffre “piace” eccome. Lo sento convincente in questa sua estrema solidarietà con noi uomini. Del resto un Dio che accetta di farsi uomo (che follia! e c’è ancora qualcuno dice che il cristianesimo è una invenzione degli uomini: ma quando mai ci saremmo inventati una cosa così?) ha coerentemente assunto tutto di noi, non si è fatto alcuno sconto. Certamente poteva inventarsi altri mille modi per salvarci, per rassicurarci che la morte non è il nostro destino etc. etc..Ma Dio non fa solo belle parole o miracoli o effetti speciali: in Gesù ci ama concretamente , nei fatti, nella carne, che sempre, prima o poi, sanguina..
    Io sono “contenta” del dolore di Gesù: non nel senso che godo che abbia sofferto, anzi!, ma nel senso che gliene sono profondamente grata: non poteva esserci più vicino, non poteva dimostrarci più concretamente quanto ci è solidale e quanto ci ama. La mia rabbia giovanile nei confronti del dolore (la prima esperienza in ospedale all’università ha sgretolato ben presto questo mio zelo, chissà, forse credevo che avrei curato e guarito tutti!..) si è come “rappacificata” di fronte a Gesù che piange e soffre ( in quello stesso ospedale,nella cappella in cui ogni tanto passavo, c’è un bellissimo crocifisso di legno davanti al quale ho capito davvero tante cose…).
    Al tempo stesso però Dio ce lo toglie eccome il dolore, anche se non nel senso contingente che vorremmo noi, ce lo toglie davvero e per sempre (una delle mie figlie, adolescente rompi..,una volta ha commentato la risurrezione di Lazzaro dicendo :” Che sfigato! Gli è toccato morire due volte!”)
    Vi riporto una parte del bellissimo discorso che Papa Benedetto ha fatto circa un anno fa, qui a Torino in occasione della sua visita alla Sindone.-Il Sabato Santo è quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo,ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale. Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta la sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato negli”inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”-.
    Davanti ad un Dio così, non mi viene più da farmi tante domande.
    Mi viene solo da abbracciarlo, da ringraziarlo e di cercare, pur nei miei limiti e nei miei alti e bassi, di contraccambiare il suo amore..
    Buona Pasqua ed un abbraccio a te Paolo e a tutti voi!
    Paola
    ps: scusate la lunghezza, ma leggo sempre e non scrivo mai… Stavolta ho recuperato!

  • Lidia, 11 Aprile 2011 @ 23:11 Reply

    Grande Paola!!!!
    Eh sì, il Sabato Santo Gesù negli inferi ha urlato “Vieni fuori!”, ha strappato le care anime che tanto ama Dio Padre ed il Figlio con Lui.

    La lotta con il dolore e pare sempre l’abbia vinta su di noi … ma pare perchè spesso chi soffre tanto è anche tanto capace di consolare l’altrui dolore e non “dopo” che è passato il proprio, ma contemporaneamente al proprio.

    La prima tomba è proprio il dolore/sofferenza che forse è quella che toglie di più la speranza di una vera tomba che sappiamo è già inizio di una vita.

    La morte schiaffeggia i vivi.

  • Stefano (Perugia), 11 Aprile 2011 @ 23:23 Reply

    Questo Dio fatto uomo che piange, caro Paolo, io non lo comprendo proprio! È uno dei nodi più intricati del mio tentativo di essere Suo discepolo. Eppure Lui sa tutto, conosce le ragioni del soffrire; è Dio, che per definizione supera e vince il dolore. Malgrado ciò ne è turbato e ne ha perfino paura. Francamente rimango sconcertato di fronte alle Sue angosce vissute nell’orto del Getsemani, dalla Sua richiesta di allontanare da sé il proprio calice di dolore. Come – mi interrogo – tu sei il Figlio di Dio, eppure ti fai sconvolgere dalla paura per quello che sai stare per accaderti? È suggestiva la spiegazione che Lui è sì Dio, ma anche vero uomo e vive fino in fondo tutto ciò che quella condizione comporta. Però non mi basta, non capisco questo Dio che prova paura e che si sconvolge nel dolore della perdita di un caro amico. Mi stordisce quel Gesù che dalla croce grida al Padre chiedendogli il perché l’abbia abbandonato. Già, l’abbandono, che non è solo la sensazione di Gesù ma che è un sentimento che provo anch’io quando mi trovo di fronte alle mie piccole croci. Il salmo della prossima domenica delle Palme martella il mio cuore con quella domanda che angosciosamente ne è il ritornello: ”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
    Ma devo dire che oggi forse il mio cuore ha trovato una risposta a questa perplessità nella sofferenza del mio “cognatello” Alessandro. L’estate scorsa in un pomeriggio di fine luglio andai a trovarlo insieme a Maria Chiara ed ai nostri due pargoletti che adorava e che riuscivano sempre a strappare un sorriso a lui ed ai suoi angosciati genitori. Lo trovai adagiato in poltrona, sotto la finestra del tinello, nell’ennesimo momento di crisi tipico di una malattia che non lascia spazio a miglioramenti ed in cui i (rari) istanti di sollievo vengono pagati a caro prezzo nelle ore successive. La sua secchezza ed il suo pallore erano impressionanti: indossava dei pantaloncini ed una canottiera bianca che a mala pena contrastava il colore della sua pelle. Era ormai ciò che rimaneva di quel ragazzone che solo alcuni mesi prima avresti potuto vedere venirti incontro con passo veloce e con un sorriso che annunciava in anticipo l’inizio di un piacevolissimo colloquio. Anche se la letizia che lo contraddistingueva quando era in salute si riaffacciava spesso anche durante la malattia, quel pomeriggio era evidente dal suo sguardo l’angoscia che lo attanagliava. È difficile descrivere quei suoi occhi, resi ancora più grandi dalla sofferenza, che ti chiedevano scrutandoti ciò che lui non osava domandare e che sembravano quasi supplicare di ritornare a brillare in un corpo risanato. Occhi che reclamavano un perché ed il senso di quella malattia piombata addosso improvvisamente a neanche trentacinque anni. Era un altro pomeriggio di sofferenza, di febbre altissima e di dolori. Ad un tratto lo vidi guardare fuori dalla finestra e chinare la testa all’indietro sulla poltrona. Voltata la faccia dalla parte opposta alla mia – quasi per conquistare un momento di intimità – lo sentì esclamare: “Il Signore mi ha proprio abbandonato!”. Io ammutolii, come tutti nella stanza.
    Istintivamente mi ritornò in mente il grido che Gesù sulla croce indirizzò al Padre. Ebbi l’impressione che l’invocazione di Alessandro fosse in realtà una preghiera così come lo erano quelle parole di Cristo: una richiesta di aiuto, una domanda di risanamento e di conforto. Il lamento di Cristo assumeva un senso e si dimostrava espressione della disperata ricerca di una comunione totale che salva e risana, una intimità con Dio nei momenti in cui sembra essere venuta a mancare; è l’invito che Gesù ci fa dalla croce di cercare un dialogo, anche se impossibile, disperato ma da imitare. Ho capito che forse quel trentenne martoriato in croce voleva insegnare e mostrare a noi che anche nei momenti in cui è più buia la nostra disperazione si possa e si debba tornare ad invocare il Padre. La scoperta del significato di quelle parole, di quell’urlo che insegna – come fosse una sferzata alla mia cecità – a parlare con il Padre e che è preghiera che chiede il senso delle cose e pretende un risanamento, io la devo ad un altro trentenne che ho visto portare una croce pesantissima e la cui nostalgia è per me ancora un vivissimo tormento. Alessandro dopo quel grido di dolore ha continuato a credere. Io posso testimoniare che fino all’ultimo non si è mai dimenticato di sgranare il suo Rosario quotidiano, recitando la corona sommessamente, a occhi chiusi, sussurrando ogni parola. Non ha mai smesso, finché ha potuto, di affidarsi al Padre per ritrovare la salute e continuare la sua vita là dove si era bruscamente interrotta. Mi manca quel sorriso che illuminava, sempre più raro nel tempo della malattia ma che, quando ne poteva fare dono, riscaldava il cuore di tutti noi. Quel sorriso era tutto per gli amati nipotini che, pur non capendo il dramma che stavamo vivendo lui e tutti noi, sono stati la gioia che ci faceva respirare dall’angoscia che ci soffocava. Loro sono stati forse la risposta al suo grido di dolore per essere stato abbandonato, segno che Dio era insieme a lui in quelle piccole manine che lo accarezzavano e nei loro gridolini che lo destavano gioiosamente dall’angosciante apatia in cui spesso era costretto dalla sofferenza.
    Nel vissuto della nostra tragedia famigliare leggo ed interpreto la vita di Cristo considerandola una fonte di insegnamento: tutto ciò che Lui fa, al pari di quello che afferma, serve per mostraci la via verso il Padre. Ce lo dice Lui stesso di essere “via, verità e vita”. Anche quando soffre, quando è strozzato dall’angoscia della prova, Lui si mostra come uomo, certamente, ma anche come Dio che ci guida nei nostri tormenti. È veramente il modello a cui conformarci e da imitare. Le Sue grida al Padre – questo l’ho capito da Ale – ci invitano a metterci in contatto con Dio anche nell’ora più cupa, senza temere di avere un franco e teso confronto. Ben vengano anche le recriminazioni, le lamentele, le accuse verso di Lui, purché non si interrompa il dialogo e si continui a cercare quella risposta che ci salva.
    Chiedi cosa preferisco tra un Dio che condivide il nostro dolore ed Uno che ce lo evita? Indubbiamente il secondo e con tutto il cuore. Il perché è semplice: io ho paura della sofferenza, ho paura di quella croce che ti uccide il sorriso ed i sogni. Non mi piace un Dio che piange, che freme per la prova che si avvicina. Forse perché ho deciso già io nel mio cuore come debba essere. Forse perché ho in animo lo stesso atteggiamento di Giuda che voleva un Messia politico per l’indipendenza della sua patria e non riusciva a seguire quell’altro, quello vero ed a fidarsi di Lui. Ora il Gesù che si mostra è diverso da quello che mi sono costruito: il vero Figlio dell’uomo non urla spavaldo nella battaglia ma grida di dolore in croce invocando l’aiuto del Padre. Io preferirei il mio dio ma quello che mi chiama è un Altro, che mi sconvolge urlando dalla croce il Suo abbandono.

    • Paolo, 12 Aprile 2011 @ 08:53 Reply

      La cosa sconcertante è che Dio non dona risposte al tema della sofferenza, ma se ne fa carico, le assume. Allora la fede diventa nuda, stridente, eccessiva, folle. Ci è chiesto di fidarci: nonostante il dolroe sia senza senso, Dio non è un sadico malvagio.

      Grazie della tua/vostra testimonianza

      • Lucia1, 12 Aprile 2011 @ 09:29 Reply

        Lo so, Dio non è un sadico malvagio: mi fido del Suo Amore, ma quando sono nel dolore e Lui sembra tacere, sembra essere lontano e avermi abbandonato, tutto mi sembra confuso e senza senso e mi sento perduta….
        Non so, non capisco… forse la mia fede è una fede fasulla, di facciata, buona solo quando le cose vanno bene…
        Penso a Giobbe e alla risposta che Dio gli dà… abbasso la testa: non capisco, ma mi fido di Lui.

        Aspetto con ansia di leggere il tuo libro sul dolore, forse mi aiuterà un poco.

  • angelo, 11 Aprile 2011 @ 23:25 Reply

    Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui.

    Paolo:è la reazione che ci viene spontanea: caricare Dio delle cose che non capiamo.

    Gesù è Luce e cammina nella Luce; abbiamo provato a metterci davanti a Dio e chiedere spiegazione di ciò che non capiamo? Se ciò viene fatto con il cuore puro e sincero, chissà perchè, sono certo che la risposta arriverà.

  • alexis, 12 Aprile 2011 @ 00:24 Reply

    Stefano, è vero,Gesù nell’orto degli ulivi ha pianto lacrime di sangue e ha chiesto al Padre di allontanare il Calice che stava per bere, ma questa è la tentazione di Satana, dopo quelle del deserto, affinchè Gesù potesse abbandonare l’opera che stava per portare a compimento(la Salvezza dell’umanità intera).
    Forse anche Lazzaro, come Alessandro e come Gesù stesso, ha gridato: perchè sono stato abbandonato?
    Ma noi sappiamo che Lazzaro è uscito vivo dal sepolcro.., Alessandro ora vive, e Gesù, dopo la Risurrezione è vivo e presente in mezzo a noi, per mezzo dello Spirito Santo, che è stato abbondantemente riversato nei nostri cuori.
    Lo so, può anche non piacerti un Gesù che piange, un Gesù che non urla spavaldo, ma forse tutto ciò che fa, lo fa solo per noi e non per se stesso; Egli piange con e per noi, e tace con e per noi (Gesù mite e umile di Cuore, rendi il nostro Cuore simile al Tuo).

  • michaela, 12 Aprile 2011 @ 16:42 Reply

    “Allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite” (dal Vangelo di oggi)

    Gesù agisce e parla, ma di ciò che dice e fa nessuno riesce a comprendere; la gente vuole il tutto e subito:
    ma alcuni di loro dissero:Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?
    Anche i discepoli sono abbastanza sciettici: ma come, Maestro, Tu vuoi ritornare nel luogo da dove sei già stato cacciato? sicuramente questa volta Ti uccideranno e “Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui”!. Come per dire, si è messo in testa di fare questa cosa, non lo possiamo mica lasciare solo!

    E’ vero, Signore, Tu per noi sei un pazzo, sei un folle: Tu piangi per noi e con noi, Ti fai carico della nostra sofferenza;ma Signore, chi ti ha chiesto niente, noi non volevamo un Dio Così; un Dio solo, che vuole aiutare gli altri, ma in cosa ci vuoi aiutare? Tu non ci risolvi i problemi, Tu non hai la bacchetta magica, Tu non esci con gli amici, non hai neppure una donna, non sei un Dio che si diverte con noi.

    No, grazie Signore! noi non ti vogliamo, sei pesante, sei una palla al piede, sei sempre lì a pregare il Padre, sei anche scomodo, e ci dici quello che dobbiamo fare. No grazie! vattene da un altra parte, non ci servi.

    Questi sono i ragionamenti degli uomini; ma Gesù sa che nonostante tutto deve continuare, deve andare avanti deve compiere la Volonta’ del Padre: con il Suo Sacrificio deve salvare il mondo e Glorificare Dio.

    Grazie Gesù! se hai bisogno di aiuto, prendi me!

  • Lidia, 12 Aprile 2011 @ 23:59 Reply

    Alla fine, credo, che la morte deve essere guardata con la vita, come il Venerdì Santo deve essere guardato dalla Pasqua.

    Credo anche che è un argomento che richiede delicatezza perchè i tempi di ognuno sono diversi da ogni altro per capire, per rielaborare, per credere davvero.

    Credo che di fronte alla sofferenza si parli solo con lacrime di Gesù che ha sentito esattamente ciò che avevano in cuore Marta e Maria.

    Quando è morta la mia mamma, d’istinto, mia sorella ed io – pur essendo annientate dal dolore – ci siamo guardate negli occhi ed insieme abbiamo asserito “La mamma è nata”.
    Non ho mai capito cosa fosse successo, ma è successo contenporaneamente sia in me che in mia sorella.

  • ago, 13 Aprile 2011 @ 08:09 Reply

    Quando mi ritrovo a meditare sul dolore, esplode in me una grande contraddizione che credo racchiuda tutta la mia fatica nel camminare nella fede e riconoscermi figlia di Dio è una priorità e un forte bisogno.
    La logica della fede mi porta a vedere nel dolore la massima forma di condivisione, io con gli altri quando ascolto, con me sessa e Dio, quando il dolore inizia a far parte della mia personale storia.

    E il dolore mi appartiene, fa effettivamente parte delle nostre vite, sicuramente della mia.
    Ho imparato con gli anni a riconoscerlo.
    Volerlo rifiutare e quando mi cerca il voler ribellarmi si è sempre dimostrato inutile ….. quando arriva non c’è nulla da fare, lo devo “vivere”.
    Chiedere a Dio del perchè proprio a me , credo sia cosa normale, altra cosa è accettare quello che ci sta capitando come un possibile percorso di vita.
    Scusate, non voglio dire che deve per forza capitare, ma che capita, e molto più spesso di quello che io mai potessi pensare.
    Il pianto per me è una liberazione, è un dirmi e un dire, che sto male, che sto soffrendo, che però c’è qualcuno che non mi abbandona e che piange con me.
    Ed è proprio questo che succede! Imparare a condividere credo sia stata la cosa più bella che io abbia imparato, non posso fare da sola, ho bisogno di qualcuno con cui dividere anche il mio dolore. E il dolore inizia a prendere un nome, le angosce si alleggeriscono e gli abbracci si moltiplicano.

    E’ forte questo Gesù, che aspetta la morte di Lazzaro e poi piange…..che lascia Marta e Maria, in attesa….ma quando arriva assume di su di se parte della loro sofferenza……. quello che poi accadrà sarà dopo, sono certa che l’amore di Dio mi appartiene come io appartengo a lui e che mai vuole farmi soffrire.

  • edda, 13 Aprile 2011 @ 09:32 Reply

    ….”le lacrime condivise sono piccole carezze di comprensione”…
    …se poi a condividerle è Gesù stesso…
    quanta tenerezza!!!

  • alexis, 13 Aprile 2011 @ 16:26 Reply

    “Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.”

    Se guardiamo la dinamica dei fatti, notiamo che, anche qui,come nel Vangelo (Luca 10,39-41) relativo alle due sorelle, Marta è quella che, come tanti di noi, “se non faccio io, non lo farà mai nessuno”; mentre Maria, è colei che si affida e attende gli eventi.

    Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

    Si, Signore, io credo, credo che Tu sei il Figlio di Dio, Gli dice Marta, e si ferma qui; infatti, un conto è dire di credere, e un conto è credere fermamente.

    Successivamente:

    Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi…
    Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto.

    Maria, attende trepidante l’arrivo del Signore, e quando lo vede, si getta piangendo ai suoi piedi e Gesù si commuove profondamente (prova compassione, partecipa al dolore dell’amica); mentre non c’è scritto che Marta piange.
    Maria e i Giudei alla domanda di Gesù:
    “Dove lo avete posto?” Rispondono: Signore, vieni a vedere! ed è qui che Gesù scoppia in pianto, è qui che Gesù prova un profondo turbamento; si, proprio qui, nella fiducia che in Lui viene posta: si Signore, vieni a vedere, perchè noi sappiamo che se Tu vieni a vedere la nostra condizione, sicuramente ci sarà un cambiamento.

    Disse Gesù: “Togliete la pietra!”. Gli rispose Marta, la sorella del morto: “Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni”. Le disse Gesù: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”

    Gesù sa già cosa deve fare, ma Marta, la sorella del morto, cerca di fermarlo, perchè è convinta che Gesù non può più fare nulla (la sorella del morto? noi sappiamo chi è Marta, perchè dunque la sorella del morto? forse perchè anche lei come il fratello giaceva nell’ombra delle tenebre?); ancora una volta Marta ci fa notare che non ha capito; infatti, quel “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”
    risuona come un rimprovero: non ti ho forse già detto….? se dunque,mi fai ripetere la stessa cosa vuol dire che ancora non credi.

    Noi, chi siamo? Marta o Maria?

    • Stefano (Perugia), 13 Aprile 2011 @ 17:04 Reply

      Bello questo parallelo tra Marta e Maria…
      Grazie Alexis

  • lia, 13 Aprile 2011 @ 17:40 Reply

    Credo che in tutti noi ci sia un pò di Marta e di Maria…certo Maria è più bella, più calma e si affida a Dio…ma oggi più che mai mi par di notare che questo atteggiamento è visto come “furbizia” capacità di aspettare che altri facciano…e molto serenamente dire…vedi? sbagli sempre, non agitarti!
    mi sconcerta tutto questo che và in contrasto con Aiutati,affidandoti che il nostro Dio che ci conosce dal seno materno ci aiuterà…non restare fermo ad aspettare gli eventi.Vorrei tanto essere Maria ma lo potrei fare se avessi una “Marta” nel mio cammino di fede…Grazie Paolo

  • Vera, 13 Aprile 2011 @ 18:29 Reply

    Ciao a tutti
    Marta e Maria:
    non contrapponetele per favore,
    mi sentirei malamente tagliata in due!
    Io mi sento Marta e Maria insieme,
    (e un po’ anche Lazzaro come vi ho già detto)
    apparecchio la tavola e mi siedo ai piedi di Gesù.
    lavoro in parrocchia e mi fermo a pregare.
    chiedo perché a Gesù, poi piango davanti a Lui.
    sono realista e razionale e denuncio quello che mi sembra sbagliato, e a gran voce pure!…
    e poi riconosco i miei limiti i miei peccati (per non sentirmi migliore di altri…) e sono emotivamente predisposta ad accettare che
    qualcosa mi trascende nel Suo Mistero.
    e a piangere tutte le mie lacrime
    di fronte al dolore. (mio e di tutti)
    di fronte a Dio.

    E non perché io abbia meriti particolari… solo…
    perché ne sento l’esigenza!
    sento che le cose si completano e si compenetrano così.
    Che da una di esse discende l’altra.
    che non sono separate.

    Ognuno di noi è chiamato ad essere Marta e Maria, nella stessa giornata nello stesso momento:
    !a cosa serve la fede senza le opere?!
    ?a cosa le opere senza la fede!?

    esse si chiamano si cercano…

    pregare e fare contemplare e agire.
    chiedere il perché di tutto…
    ed accettare Dio che piange e soffre sulla Croce come spiegazione unica e ultima e imitarlo:
    ma imitarlo anche a Pasqua!
    imitarlo anche nella Risurrezione!

    questo mi basta.

  • michaela, 13 Aprile 2011 @ 19:01 Reply

    Mah! secondo me, “Noi chi siamo, Marta o Maria?” è inteso non a livello di azione o di stasi, di fare o non fare, ma di credere o non credere, di affidarsi o fare da soli, di amore o tiepidezza.

  • Lidia, 13 Aprile 2011 @ 19:54 Reply

    Veramente Maria non ha neppure azzardato l’ipotesi del bellissimo
    “Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”
    di Marta.

    Maria ha solo rimbrottato ed accusato Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” e stop. Ed è proprio qui che Gesù è scoppiato a piangere, per questo velata sfiducia e per nulla al mondo fiducia.

    Marta ha pareggiato con Maria, colei che poco ha ascoltato all’epoca della sgridata con “Marta, Marta …”, molto ha inteso, invece Maria …

    Putroppo, come per Pietro, anche Marta è entrata nel luogo comune dei “credenti così così”, un po’ pasticcioni, ecc.

    Così, come per l’amato Giovanni nessuno si è mai sognato di ricordare di lui lo scivolone tremendo della discussione su chi stava alla destra di Gesù nei Regno dei Cieli.

    Marta ha superato Maria in quanto a Fede e fiducia e Maria, questa volta, era troppo occupata con sé stessa e neppure cercava il conforto dell’amico stando in seduta in casa pur sapendo che Gesù era sulla via.

    Marta, come Pietro alla tomba è volata da Lui, dall’amico, dal Figlio di Dio e si è assicurata la cosa più importante: la salvezza dell’anima del fratello … Come si fa a dire che Marta era troppo pratica, troppo legata alle cose della terra?

    • Vera, 14 Aprile 2011 @ 09:32 Reply

      Marta:
      “Marta disse a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”. Gesù le disse: “Tuo fratello risorgerà”. Gli rispose Marta: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”.
      Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”.

      ho evidenziato il “Ma anche ora so” cioé ora: di fronte alla morte…
      e il Sì,… io credo…

  • Lidia, 13 Aprile 2011 @ 20:05 Reply

    Le parole di Marta sono le stesse parole di Pietro che gli è valso il primato:
    Tu se il Cristo, il Figlio del Dio vivente

    identico a
    “Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”

    ed è da notare anche quel MA ANCHE ORA SO… … Maria non lo sapeva più in quel momento di dolore.

    Quindi, vi prego, diamo onore a Marta.

  • Vera, 14 Aprile 2011 @ 07:39 Reply

    Io credo che noi cristiani che viviamo l’incarnazione di Gesù, la sua passione, la fisicità del Dio fatto uomo e vicino a noi in tutto… noi che oggi ritroviamo Gesù fisicamente nei poveri, negli uomini tutti, e io lo ritrovo in voi e voi in me… noi possiamo pensare al nostro stesso Corpo e Spirito-Anima, quello che volete, come un Tutto Unico. Non separarli in Fede da una parte e in Opere dall’altra.
    L’amore se c’è fa; non parla soltanto. Se c’è si vede. E chi lo riceve lo sente.
    Se io voglio bene a mio figlio… lui se ne accorge che è così! Lo sa. Tranquilli.

    Marta e Maria intese solo come categorie e atteggiamenti dello spirito oggi non mi bastano: preferisco lasciare le dicotomie e le separazioni mente-corpo alla filosofia (occidentale).
    E ripensare a GesùDio che si fa Uomo per insegnarci ad essere Uomini in tutto come ci dice Paolo Curtaz a volte, e questo mi piace. A vivere nel Corpo pesante e stanco che soffre e desidera Dio e a fidarsi che Dio c’è e ci sarà… sempre e per sempre.
    —-
    Prima mi riferivo a questo, lo avevate capito… e non citatemi di rimando san Paolo, (Gal 2, 16) per favore… non oggi!!! saluti a tutti…
    :
    Gc 2, 4ss
    “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: “Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Insensato, vuoi capire che la fede senza le opere non ha valore? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta. E si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu
    chiamato amico di Dio.

  • alexis, 16 Aprile 2011 @ 13:12 Reply

    Vera, io non volevo assolutamente fare alcuna dicotomia o separaione, ho solo preso uno spunto dalle due sorelle per dire:”noi, quanto ci affidiamo a Dio?
    Michaela infatti ha centrato di più quello che volevo dire.
    infatti, come ho già detto,un conto è dire di credere, e un conto è credere fermamente.
    D’altronde, non sempre noi poveri mortali possiamo fare o non fare più di tanto, perchè: “Se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori”.

    • Vera, 16 Aprile 2011 @ 15:39 Reply

      Ciao Alexis:
      Tu: “Noi, chi siamo? Marta O Maria?”
      …ed io prendo sul serio anche le E
      e le O!!!

      Lazzaro Marta e Maria io li vedo, col loro carattere – senza dubbio; come coloro che Gesù amava, i suoi amici.
      e con la loro grande familiarità e fiducia, tutti e tre, in Gesù.
      E Gesù lo sa.
      E con gli amici veri si parla liberamente! come fanno le sorelle, e si piange, se serve a qualcuno che si pianga…
      e per non ripetermi… ti chiedo di riguardare per favore cosa ho scritto, su Marta e Maria… grandi entrambe nella loro fede…
      poi… inutile stare qui a discutere tanto… e credo tu sia d’accordo con me su questo!!

      “Un certo Lazzaro di Betània, era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”.All’udire questo, Gesù disse: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”. Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro.
      “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!“.”

      E Dio va, con loro, da Lazzaro…

      Allora: dire di credere, credere tanto, o poco…
      se ho chiesto di non far dicotomie e separazioni è perché
      io sono sempre più convinta che bisogna legare fatti e parole,
      fare atti di fede, (fidandosi senza discutere tanto), oltre che parlare di fede,
      fare: cominciare a fare quel poco che possiamo. tutti…

      E’ perché sento continuamente molti discorsi intorno a me di persone che dicono “se potessi, se fossi… se… domani…dopo…” e la vita scorre… “dopo…” e la vita scorre male e poi termina peggio…
      “dopo…” come se tutte le nostre scelte e situazioni DIPENDONO (Sì, VERBO ALL’INDICATIVO) solo dall’esterno,
      da chissà cosa e non, principalmente, da noi…
      NOI che ogni tanto possiamo prendere la nostra vita tra le nostre mani e decidere cosa vogliamo farne.
      magari
      cominciando a FARE quello che possiamo E partendo proprio da dove siamo… tutti.
      senza aspettare di essere perfetti o che si vengano a creare “congiunture particolarmente favorevoli” per convertirci!!…

      per il resto… se noi chiediamo la fede, magari con fede(!),
      ci verrà data, vero?!
      (d’altronde quale cosa migliore da chiedere al Padre?
      oltre che abitare per sempre con Lui, noi stessi, e tutti?)
      magari chiedere che ce la dia di notte…
      come il fantastico salmo che amo e che mi hai citato… grazie…

      “Invano vi alzate di buon mattino
      e tardi andate a riposare,
      voi che mangiate un pane di fatica:
      al suo prediletto egli lo darà nel sonno.”

      una versione cantata che mi piace dice:
      “…Dio lo dona ai suoi amici nel sonno…”

      buonanotte stanotte, dunque, a tutti,
      e
      Buona Domenica delle Palme a tutti.

  • alexis, 16 Aprile 2011 @ 14:44 Reply

    Ho scritto in fretta e ho dimenticato di dire: visto che domani è la Domenica delle Palme, possa, il Signore nostro Gesù Cristo, far scendere la Sua Pace su di noi e con noi restare sempre.

    Auguri a tutti.

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