Manuela e Claudio si sono sposati una decina di anni fa. Un bel matrimonio, una bella coppia. Decisa e gentile lei, creativo e brighella lui. Ora hanno tre figli che riescono a gestire grazie all’aiuto poderoso dei nonni, come spesso accade. Le prime avvisaglie di crisi le ho avute sei mesi fa: mi ha cercato la testimone di nozze di Manu. In una lunga telefonata mi parlava di una sbandata per un’altra persona, una passione forte, devastante, folle: Manuela è piombata nel caos totale, è cambiata, alla fine ha lasciato casa e i tre figli. Si è frequentata per un certo periodo con quel tizio, ora vive sola. Do dei consigli all’amica, poi scrivo una lettera a Manuela. Esprimo affetto e preghiera, e disponibilità ad un incontro. Non accade nulla, forse è troppo presto. Vedo Claudio, dopo qualche settimana, leggo nei suoi occhi dolore e rassegnazione, fa finta di avere ingoiato il rospo. Sorrido amaramente, so bene quanto stia soffrendo. Passano i mesi, non so nulla, riprovo con una lettera a Manu. Questa volta mi arriva un messaggio da parte sua: «Hai voglia di ascoltarmi?». Nei due giorni che precedono l’appuntamento sgrano il rosario e metto in contatto il mio angelo custode col suo. Non so come andrà, ma penso che Manuela si stia facendo un sacco di male. Infine ci troviamo al tavolino di un dehors in città, in una caldissima giornata di agosto. Inizio parlando di me, lungamente. Mi metto in gioco, parlo dei miei sentimenti, dei miei progetti, dei miei dolori. Lei ascolta, vedo che si sta rilassando: non le sto facendo un interrogatorio, non faccio il difensore della morale, vedo nei suoi occhi un abisso di dolore. Finisco di gustarmi il gelato. Provo: «Tu come stai?». Gli occhi le si inumidiscono. Parla di Claudio che ora è al mare con i figli, parla della solitudine, mi dice di avere scoperto una Manuela diversa. «Sai, ho sempre pensato di essere una brava ragazza, sono stata educata ad esserlo: la moglie perfetta, la mamma serena, l’educatrice dell’oratorio… poi un giorno mi sono svegliata e ho scoperto che c’era un’altra Manuela, aggressiva, malvagia, trasgressiva. Ho spaccato tutto, ho buttato via tutto. Qualche mese fa mi sono accorta che Claudio mi mancava, mi sono riavvicinata, ma lui mi ha detto che c’è una nuova persona. È come se volessi tutte e due le storie d’amore: quando uno dei due era distante o poco premuroso, c’era l’altra persona che mi aspettava». Accuso il colpo. Avrei preferito che mi dicesse di essere serena, di avere scoperto un altro amore nella sua vita. Invece non è così, non è quasi mai così. Quando ci si innamora di un’altra persona si tradisce anzitutto il proprio sogno, poi il compagno. E l’innamoramento inganna, promette, euforizza, ma quando passa il momento dopato, si resta con i cocci in mano. Vero: tutti noi vorremmo essere sempre amati, ogni istante, tutti, istintivamente, infantilmente, vorremmo avere qualcuno a disposizione, una sorta di harem affettivo. Ma la realtà è molto diversa: il desiderio infinito di amore che portiamo nel cuore è incolmabile, e serve per cercare Dio. Sperimentiamo emozioni e gioie fortissime nella vita, ma sempre temporanee, sempre relative. «Vedi Manu, da questo delirio hai scoperto due cose belle: che ti sai ancora innamorare e che ci sono altre Manuele dentro di te. Pensa al tuo inconscio come ad un parlamento. La Manuela pazzerella è rimasta quarant’anni in minoranza e ora si vendica. Non le hai dato ascolto, neanche un briciolo di spazio, e ora lei se lo prende tutto». Manuela ascolta. Fatica a parlare: «Non pensavo di poter essere così cattiva, non conoscevo questa parte così oscura di me». «Meno male che l’hai scoperta, ora si tratta di accettarla, di non nasconderla. Tu sei anche così, ma Dio ti ama anche nel tuo lato oscuro. Hai scoperto, allora, ancora una cosa bella: hai coraggio di essere vera e questo, che ora ti sembra faticoso e doloroso, ti può aiutare ad accogliere i limiti degli altri». Tacciamo, ora. Intorno a noi i turisti parlano del più e del meno. Oso: «Ami ancora Claudio?». Annuisce con la testa, piangendo. «Perché non vi fate aiutare? Andiamo da una mia coppia di amici psicologi e vediamo se riusciamo a mettere insieme qualche pezzo, proviamoci, almeno». Scuote la testa: «Io ho fatto il pasticcio, io ne devo uscire». «No, Manuela, faresti ancora maggiori danni: abbi il coraggio di farti aiutare. Ti stai punendo, hai deciso di darti una penitenza, devi scontare una colpa. Ma ogni penitenza ha un termine, una purificazione, stai attenta a questa nuova parte oscura che ti vuole distruggere…». Mi guarda, stupita. Ho colto nel segno. «Non so se riusciremo a fare qualcosa, ma l’importante, ora, è smettere di soffrire. Pensaci una settimana e poi ci risentiamo, cercherò Claudio, nel frattempo».
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