Così i francesi chiamano la solennità del Corpus Domini: la Festa di Dio. Domenica scorsa, in una di quelle giornate che mettono in crisi gli atei incalliti che non sanno chi ringraziare, in certi casi, mentre davo l’impregnante alla balconata del mio rifugio alpino segreto a guardavo il vento che scuoteva i larici del bosco e il bagliore della neve che dall’alto delle montagne ancora domina il paesaggio in altitudine, ho pensato a questa splendida definizione usata dai cugini transalpini, miei vicini di casa. La fête-Dieu, la festa del Dio con noi, perché avere Dio con noi è sempre una festa. Lo so bene, non è una presenza evidente, Dio non si impone, anzi, pare nascondersi alla nostra sensibilità, forse perché, cercandolo, scopriamo in noi una dimensione “altra” che è quella che ci permette di vedere l’invisibile, i noi, nei fratelli, in Dio. Possiamo fare esperienza di Dio, nella vita, affinando lo sguardo interiore, investendo tempo e spazio all’ascolto, al silenzio, alla meditazione, allo stupore. Nello splendore della natura (e qui parto avvantaggiato, scusate), nella bellezza che si manifesta nell’arte, nella lettura della Parola di Dio, scopriamo la stupefacente presenza di Dio. L’eucarestia, misteriosa presenza di Cristo che si nasconde nel fragile e possente segno del pane e del vino, diventa davvero una festa per il discepolo. Quando incrociate una chiesa, durante la vostra giornata, fate come frate Francesco poverello che lodava il Signore per la sua presenza in tutte le chiese del mondo e se, facendo commissioni o shopping, o andando al lavoro, investite cinque minuti del vostro tempo per entrare in una chiesa davanti alla custodia del Sacramento e farvi due chiacchiere con Dio. Il nostro Dio, la cui presenza è (per) sempre una festa.
48 Comments