“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini, In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
“Elemosina, preghiera, digiuno. Il Signore, nel suo impegnativo discorso della montagna, vola sempre più alto, e raggiunge i nervi scoperti delle opere religiose, delle devozioni, per smascherarne la potenziale ipocrisia, per restituirle ad un cuore rinnovato. L’elemosina (sempre più rara in questo ricco mondo egoista!) è l’azione di un cuore che ha scoperto che tutto gli è donato, e vede il povero accanto a sé. La preghiera è il respiro del discepolo che cerca Dio nella verità, che fugge l’ostentazione, che è allergico alla cerimonia, che non ama l’apparenza ma la sostanza. Il digiuno è l’esercizio della condivisione della fame con chi non la sceglie, la volontà di essenzialità in un mondo che esalta il superfluo. Gesù denuncia i rischi, di ieri e di oggi, di vivere il proprio rapporto con Dio portando nella sfera religiosa tutti i difetti del nostro uomo vecchio, semplicemente cambiati d’abito. Esiste un orgoglio e un’arroganza spirituale più pericolosa di quella mondana, perché pensiamo che ci derivi da Dio. Gesù ci riporta all’autenticità, alla verità con noi stessi e con Dio, chiedendoci un’intensigenza interiore assoluta, come Gesù stesso, per primo, ha saputo vivere…”
Rileggo il commento che ho scritto per il mensile “Parola e preghiera” (https://www.stpauls.it/abbonamentionline/abbo/pr_abita.asp) e ancora sottolineo la richiesta, da parte del Signore, di essere autentici nel nostro percorso interiore: davanti a Dio non possiamo indossare delle maschere, siamo nudi, di fronte a lui. L’autenticità è un percorso da avviare e uno dei frutti della presenza dello Spirito. Frequentando la Parola, fidandoci di Dio, seguendo il suo vangelo, progressivamente scopriamo chi siamo nel profondo: solo il mio vero “io” incontra il vero Dio. Gesù non ama l’esteriorità, non la sopporta se è vernice devozionale che nasconde il vuoto. Ecco tre indicazioni preziose per oggi: dare in elemosina ciò che c’è dentro, senza avarizia, con generosità mettere i propri talenti a disposizione, coltivare una vita di preghiera silenziosa, nella camera del nostro cuore (cosa che possiamo fare ovunque, dal tram all’ufficio!) e il digiuno, cioé astenersi da ciò che appesantisce l’anima (il giudizio e il pettegolezzo prima del cibo!) e l’essenzialità,
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