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Alla fine è solo un quartiere di Napoli.

Diventato famoso grazie al libro e al film “Gomorra”. Uno dei tanti non-luoghi delle nostre periferie, particolarmente mal-riuscito con le “vele”, giganteschi condomini progettati con approssimazione e peggio costruiti, ora strutture fatiscenti, usurati, sporchi, che si stagliano nel cielo livido della pianura.

Abitare a Scampia, oggi, ti segna per sempre agli occhi degli altri.

Per quella nomea di luogo infernale, marginale, fuori controllo. Cosa che non è.

Sei campi Rom, di cui quattro abusivi, su sessantamila abitanti, pochi servizi, la principale piazza di spaccio della Campania, ora spostatasi poco distante, a Caivano, per i troppi riflettori puntati a causa del successo di libro e film. La Camorra non ama quel tipo di pubblicità.

Ma qui, in questa terra metafisica, in questa anticipazione di futuro di una società implosa, da decenni esistono presidi di umanità.Fra cui la presenza dei Gesuiti e del loro centro culturale “Hurtado”.

Arrivo in ritardo, un guasto ad un semaforo in centro mi ha fatto sperimentare l’ebbrezza dell’ingorgo napoletano. Preferisco guardare a lato per non schiattare di paura mentre l’amico Gaspare miracolosamente riesce a infilarsi nella giungla di auto senza logica. C’avimmo a fà? 

La saletta che mi accoglie è capiente, quando entro scatta un applauso, sul palco da cui parlerò di Maria una quindicina di ragazzi con strumenti musicali mi aspettano per un breve concerto di benvenuto. 

Mi siedo, raccolgo le idee, i ragazzi suonano. Cose impegnative, mica scherzano.

La musica come terapia, come luogo di vita. Musica classica. Geniale.

La Carmen di Bizet mi riporta al presente.

Nella presentazione fatta dal responsabile del caffè letterario, preparata con cura, mi commuovo. “Un onore… Ha accettato subito… Presenza straordinaria…”. Vorrei interromperlo per dirgli che sono io, qui, ad essere onorato oltre ogni misura.

Onorato di essere ospitato da combattenti della cultura. Io scrivo solo libri in una splendida mansarda con vista neve. Qui uomini e donne combattono ogni giorno per dare bellezza e umanità. Per offrire appigli ad una civiltà che si spegne.

E vorrei essere chiaro: le persone che abitano qui sono uguali e tutte le altre. E’ solo la punta dell’iceberg di quello che stiamo tutti diventando. Una sorta di trailer dell’apocalisse. Amplificata dalle condizioni sociali.

Parlo di Maria. Paralleli fra Nazareth e Scampia, fra vite apparentemente inutili e logica di Dio. Un’ora filata. Applausi, strette di mano.

Si cambia luogo, all’Auditorium di Scampia. I Gesuiti di Roma hanno organizzato un concerto per presentare un doppio CD con musiche registrate dai musicisti migranti di passaggio al loro centro. Cena etnica in questo locale gestito da una cooperativa di Rom. Tutto magnifico. Dalla finestra che apre sull’atrio Padre Sergio mi fa notare il tavolo e i letti nella Hall, trasformata da mesi in centro di accoglienza per i 70 Rom che, a causa di un incendio, hanno perso tutto. E’ rimasta solo una famiglia, le altre sono sistemate.

Finisce la serata, sono un po’ stanco, Padre Cristiano mi accompagna nella comunità: un appartamento al nono piano di un condominio. Mette 5 centesimi per far funzionare l’ascensore, perché sennò nessuno paga le spese. Sorrido. Dormo in una stanza messa a disposizione da un vicino. Loro vivono qui, come tutti.

A colazione chiedo a Sergio come sta andando.

Molto meglio di qualche anno fa, dice. Qualcosa si costruisce, ci sono margini di speranza. Alla fine i problemi che vivono qui sono quelli di tutti: la gente si barrica in casa davanti alla televisione mentre tutto intorno precipita in un delirio di approssimazione.

Saluto.

Mi resta una maglietta regalatami dai ragazzi.

E la frase che accoglie chi visita il centro, scritta dal patrono, il gesuita sant’Alberto Hurtado:

“Contento, senor, contento”.

2 Comments

  • Carla casabassa, 1 Dicembre 2018 @ 15:51 Reply

    E pensare che i Gesuiti sono spesso considerati altezzosi e classisti! Pochi sanno che nell’America del Sud gli indigeni sono stati protetti dai coloni predatori proprio da loro

  • Nicola Nicoletti, 2 Dicembre 2018 @ 16:42 Reply

    Ciao, sono italiano e ogni sabato, con i Gesuiti, annunciamo la Parola negli ejidos, i villaggi semidesertici del nord del Messico, in villaggi fatti da 10 o al massimo 15 famiglie. Tanta polvere e tanta povertà. Portiamo dei viveri oltre alla Parola, e poi condividiamo tortillas e cioccolata calda. I Gesuiti sono anche questo.

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