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In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: 
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. 
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». Lc 19,41-44

Il Maestro piange, sconfortato dalla tiepida accoglienza della città che uccide i profeti. Piange perché la sua Parola è manipolata, stravolta, ignorata, gli si ritorce contro. La sua predicazione mette in discussione troppi poteri acquisiti, troppe presunte certezze, troppi soldi. Il tempio è in fase di ricostruzione, sarà finito fra una trentina d’anni, segno trionfale della riconquistata importanza della città, il culto è ripreso, dando identità ad un popolo che da troppo tempo passa da un’invasione all’altra smarrendo la dignità e l’orgoglio di essere la nazione santa scelta da Dio per proclamare ai popoli le sue opere. Che vuole questo Nazareno? È uno dei tanti fanatici che rischiano di innervosire i romani, che da qualche tempo stanno smilitarizzando la rissosa provincia orientale. Che dice, di cosa parla? Contesta i sadducei, contesta il tempio, contesta addirittura i devoti del tempo. È pericoloso, poco importa se egli è davvero ciò che dice di essere. Va contenuto, ignorato, eliminato.  Poveri illusi: il tempio, centro e motore del nuovo Israele, verrà raso al suolo dieci anni dopo essere stato finito, come ricorda la seconda parte del testo, che risente della triste esperienza di chi scrive…

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