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In treno.

Ho lasciato i Camilliani a Bicchianico, con loro ho fatto un breve ritiro, stasera mi aspettano a Prato, domani vedo catechisti ed educatori della Diocesi. Devo arrivare a Bologna, poi Firenze e Regionale per Prato. A Bologna caos. Tutti i treni Alta Velocità in ritardo, solito problema sulla linea. Ok, ci sta. 

Mi aspettano per cena, saltano tutte le coincidenze.

Dallo smartphone vedo che c’è un intercity notturno che va a Reggio Calabria e ferma a Prato. Vai. Per esperienza so che se l’Alta Velocità si impappina accumula ritardi mostruosi, restano le vecchie linee regionali.

Infatti il treno arriva con pochi minuti di ritardo. Ancora gli scompartimenti, pensavo non esistessero più. Nel mio una coppia di indiani con due bimbi piccoli, parlano in inglese che, ahimé, non conosco. Capisco che mi chiedono di andare nell’altro scompartimento che è mezzo vuoto. Ok, che problema c’è?

Tornano dopo poco, capisco che è arrivata altra gente.

Infatti.

Una ragazza americana che legge, una coppia di giovani fiorentini e, lato finestrino, uno di fronte all’altro, due distinti signori anziani ma molto giovanili, direi americani o tedeschi. Molto eleganti, distinti, solari. 

Il treno parte, mi assesto e mi rilasso, mando il messaggio a chi mi ha dato per disperso.

Ora parlano, accanto a me. Col linguaggio dei segni. Sono sordomuti.

Parlano animatamente, si guardano in volto, muovono le mani. Un sincrono che mi lascia stupito e affascinato. Una danza delicata e silenziosa. Sorridono, discutono, obiettano. 

Senza essere inutilmente invadente lascio che entrino nel mio campo visivo mentre scrivo. Una meraviglia.

Non so chi siano ma oggi mi hanno donato una lezione di vita straordinaria.

Per “parlarsi” sono costretti a guardarsi continuamente, nel silenzio totale.

Mantenere il contatto visivo, attenti ai segni, ai piccoli cenni, alla mimica.

Attenti all’altro.

1 Comment

  • Federica, 30 Settembre 2018 @ 09:35 Reply

    A volte, il silenzio è più eloquente delle parole…

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