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29 marzo
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. 
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». Gv 13,1-15

È finita, l’ora tanto attesa è arrivata. La macchina si è messa in moto, impossibile fermarla ormai. Giuda ha lasciato prevalere le tenebre, i suoi compagni non capiscono cosa sta succedendo, ignari e ingenui come non mai, la folla ha già dimenticato i prodigi e le parole. È l’ora delle tenebre, l’ora in cui domina l’avversario, l’ora di uccidere Dio. Gesù davanti a tanta follia, davanti all’assoluta certezza della sua morte, invece di lasciarsi comprensibilmente atterrire o scoraggiare compie l’ultimo, perenne, immenso gesto della cena. In quel pane, in quel vino egli dona il suo amore illimitato, la sua determinazione assoluta, si fa egli stesso cibo e bevanda. È giunto il momento anche per noi di sederci di lato, senza disturbare, nella sala addobbata al piano superiore illuminata da odoranti candele e guardare, muti, i gesti di un Dio che si consegna. In questa ultima cena Gesù inventa l’eucarestia, inventa il sacerdozio, e noi fragili e incoerenti discepoli in obbedienza ripetiamo quel gesto perché egli sia totalmente presente qui fra noi, oggi. Spalanchiamo il cuore, lasciamovi entrare Cristo

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