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Giovedì 8 febbraio

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. 
Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. 
Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». 
Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato. 

Mc 7,24-30

Chiede il miracolo per sua figlia la donna pagana. Non sa chi sia Gesù, qualcuno le ha detto che opera guarigioni. Non ha una storia, o un nome: è solo una madre angosciata per la figlia, che si rivolgerebbe a qualunque santone o guaritore pur di riaverla sana e libera. E Gesù, con stupore, la tratta male, la provoca, la mette alla prova. Perché si rivolge a lui? Non ha fede, non è discepola, perché mai uno dovrebbe dare il pane dei figli ai cani? La provocazione è forte, eppure efficace. Non sempre chi ti da uno schiaffo ti vuole del male. Sta alla donna, ora, reagire. Farà l’offesa? Si chiuderà a riccio? No: si guarda dentro, riconosce il male dentro di lei. È vero, la sua è una fede interessata, superstiziosa, non ha scusanti. Ma a volte i cani mangiano le briciole che cadono dal tavolo dei figli. Sorride, Gesù, e restituisce la salute a sua figlia e a lei la fede. Può succedere anche a noi di rivolgerci al Signore solo in caso di necessità, quando la malattia bussa alla porta della nostra vita. E il Signore, spesso, tace, ci interroga, ci provoca. Sappiamo riconoscere i nostri limiti e lasciamo che il Signore ci aiuti a dare il meglio di noi stessi, anche nella fede.

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