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“Aspirate a un ministero infuocato di Vangelo” poiché “un Pastore, in quanto discepolo configurato a Cristo che ha dato la vita «fino alla fine» (Gv 13,1), non può permettersi di scendere a patti con una vita mediocre o di adattarsi alle situazioni senza rischiare nulla”.

“C’è tanto bisogno di alimentare la speranza cristiana, quella speranza che dona uno sguardo nuovo, capace di scoprire e vedere il bene, anche quando è oscurato dal male”. Siate “missionari di speranza, portatori contagiosi della presenza del Risorto, coraggiosi nella creatività e mai scoraggiati davanti ai problemi e alle carenze di mezzi”.

 

Così un gigantesco papa Francesco, venerdì scorso, alla Comunità del Pontificio Collegio Pio Romeno di Roma.

Mi ha fatto riflettere queste parole pochi giorni prima della domenica del buon Pastore, tradizionalmente dedicata alla preghiera per le vocazioni sacerdotali.

Parole che terminano una settimana per me intensa.

Sono immerso nella storia del re Davide e cerco di restituirla cogliendone alcuni tratti salienti nel libro che sto scrivendo. Proprio in questi giorni, poi, è morto un mio confratello, don Aldo, parroco di Saint Nicolas, una microscopica parrocchia di montagna, che serviva da quindici anni, dopo che una drammatica diagnosi lo aveva costretto ad abbandonare impegni più gravosi. Sono salito a salutarlo nella sua chiesetta, la gente che arrivava dal paese in ape, con i vestiti da casa, a tracciare un segno di croce sulla bara. Un prete come tanti, della vecchia guardia, intenso e sornione come solo certi preti valdostani sanno essere.

E, proprio in questa settimana, per staccare la spina, la lettura di diversi libri mi ha portato in un terreno minato. Due testi, in particolare, mi stanno scuotendo. Un’inchiesta sulla sessualità fra i preti che, fatta la tara della pruderie giornalistica, pone al centro della riflessione la vita umana del prete in tutti i suoi aspetti. E il libro-testimonianza di Antonello Dose, quello del ruggito del coniglio, che narra la sua bella e intensa esperienza di conversione al buddismo e che, fra le cose, racconta di avere contratto l’AIDS da un incontro occasionale… con un prete.

Mi fa riflettere, e tanto, tutto questo.

Non voglio accodarmi alla schiera dei benpensanti, cattolici o atei. Ma nemmeno far finta di niente, tanto più che nella mia esperienza personale ho vissuto e vivo molte delle fatiche e delle contraddizioni che toccano la vita di tutti, preti o meno.

Le parole di Francesco, allora, illuminano e orientano.

Preti, laici, single, sposati, separati… In questo mondo in divenire, in liquefazione per alcuni, in questa Chiesa che evolve, che cambia, il papa richiama tutti all’essenziale: il Vangelo è fuoco.

Illumina, purifica, divora, riempie, stordisce, cambia.

Chi segue il risorto, sul serio, deve avere il coraggio di ardere come una torcia.

Con tutti i suoi limiti, le sue paure, le sue incoerenze. Ma ardere d’amore.

2 Comments

  • sandro pavoncelli, 6 Maggio 2017 @ 15:16 Reply

    Profondamente umano e profondamente religioso.

  • Antonia, 7 Maggio 2017 @ 07:49 Reply

    Preghiamo per vocazioni “infuocate” che possano però bruciare tutto l ‘arco di una vita per illuminare ” la Via”

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