Una famiglia unita, bellissima, perfetta. Il papà aveva un bellissimo modo di fare con i bambini.
Sembrava una famiglia da Mulino Bianco.
Così si sono espressi, increduli, i vicini di casa quando hanno saputo che Gabriele ha dapprima ucciso a martellate i due figli di due e quattro anni e poi si è buttato da un dirupo sopra Trento.
Un gesto di follia, hanno sentenziato tutti vedendo quella famiglia serena, quel pezzo d’uomo ex-elicotterista, la moglie veterinario, l’attico nel quartiere disegnato da Renzo Piano che stava per comprare. Solo che i soldi non c’erano, né per quell’appartamento di gran moda, né per il tenore di vita che Gabriele teneva con i suoi.
Forse è quello il tarlo che lo ha straziato: fingere una vita modello irreale, dimostrando a sé e alla famiglia che erano, appunto, una famiglia da Mulino Bianco.
Preghiamo per tutti, per lui, per i bimbi, per la moglie e la figlia sopravvissuta.
Ma prendiamo monito da questo atroce evento, senza minimizzare, sminuire, giustificare, barricandoci dietro una presunta follia ancora tutta da verificare.
Possiamo costruire una vita basata sulla menzogna, sulle aspettative, sull’immagine di noi stessi che gli altri vorrebbero. Forse sarebbe bastato spiegare alla moglie che no, il lavoro da promotore finanziario non stava girando e che mai avrebbero potuto permettersi una casa del genere. Forse, chissà…
Resta l’amaro in bocca nel vedere quanti danni faccia la falsa idea che ci facciamo di noi stessi, le aspettative, i sensi di colpa, l’immagine che vogliamo dare elemosinando approvazione e applausi.
Se una cosa ho capito di Dio, nel mio incespicante cammino, è che lui ci ama per come siamo, senza migliorie, senza deliri di onnipotenza.
Amiamo come siamo capaci, lavoriamo come siamo capaci, viviamo come riusciamo.
Lasciando alla pubblicità la famiglia da Mulino Bianco.
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