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Nei momenti di più alta tensione, al venerdì. ragazzi palestinesi gettano pietre ai propri coetanei militari israeliani che presidiano il check-point. Una fitta e inefficace sassaiola per sfogare la rabbia di abitare in uno zoo. Fino alla costruzione del muro, qui, gli israeliani di Gerusalemme venivano a comprare la verdura di Betlemme, più buona e più economica. Ora se un cittadino ebreo entra in Palestina finisce in carcere. Il problema è che i soldati disperdono la piccola folla con lacrimogeni e gas urticanti. Le infermiere del vicino Baby Caritas Hospital corrono a chiudere le porte automatiche ma non riescono ad impedire che l’acre odore penetri nel reparto di neonatologia, dove bambini prematuri lottano per la propria vita.

Contraddizioni di un mondo folle e suicida che qui, da queste parti, toglie la parvenza di apparente giustizia per rivelare tutta la sua ombra malvagia.

Ma su questo Titanic che affonda qualcuno si rimbocca le maniche. L’unico ospedale pediatrico di tutta la Palestina, ottanta posti letto, di proprietà della Caritas Svizzera, continua imperterrito ad accogliere tutti i bambini, anche quelli che, e sono la maggioranza, non possono pagare la retta simbolica. Duecentocinquanta fra medici, infermiere e personale, arabi cristiani e musulmani, accolgono tutti i bambini che arrivano, anche da lontano, ventiquattro ore al giorno. A cento metri da questo luogo ci si scontra con violenza. Qui si pensa ad accogliere chiunque.

Come quella volta, ci racconta suor Donatella, che videro arrivare un’auto con targa israeliana. Una coppia di coloni (di coloni!) abitanti in uno degli insediamenti-mostro voluti dalla cieca politica israeliana che si impossessa di un pezzo di Palestina violando gli accordi internazionale. Per loro ci sono strade speciali, e non hanno remore nel rubare la poca acqua presente sul territorio per le proprie necessità. La loro idea era di andare ad un ospedale a Gerusalemme, ma il loro bimbo stava troppo male e la strada era troppo lunga. Così avevano osato l’impensabile: passare per Betlemme e chiedere aiuto. Erano stati indirizzati a quell’ospedale che ogni arabo conosce. Quando scesero dall’auto, col bimbo ormai esanime, furono accolti dal personale in urgenza. Ci dice suor Donatella che i volti dei genitori erano sfigurati dalla preoccupazione, e dalla paura della reazione dei palestinesi. Il bambino venne stabilizzato e, il giorno dopo, portato a Gerusalemme. La madre del figlio, consapevole dell’enormità di quello che era successo, della professionalità e della cura del personale medico, tutto palestinese, disse solo cha avrebbe passato il resto della sua vita a dire agli altri coloni che i palestinesi non sono tutti terroristi.

Qui si vede la Provvidenza in azione.

I milioni di dollari che servono ogni anno per far funzionare la struttura arrivano da mille rivoli. Ma anche con qualche colpo di genio del Signore come quando si dovette interrompere l’ampliamento della struttura con i nuovi ambulatori: erano finiti i soldi. Il giorno stesso arrivò una telefonata dal Nunzio apostolico di Gerusalemme: per loro era arrivata una donazione dall’America. Nella busta un assegno, non un dollaro di più o di meno, di quanto serviva a finire l’opera, dono di un palestinese che aveva fatto fortuna. Musulmano.

Provvidenza che per questa “mangiatoia numero uno” come la chiamo quando porto i pellegrini a vedere, ha un occhio di riguardo.

Come quando un bambino palestinese, ricoverato da giorni, chiedeva con insistenza ai suoi genitori un regalo: un aquilone come quelli che vedeva volare sulla collina fuori dal centro. Una spesa superflua per queste famiglie che, qui nello zoo, sopravvivono. Ma il desiderio era forte e qualche infermiera lo fece notare a suor Donatella. Ci racconta che era quello il pensiero che l’aveva distratta durante la preghiera del mattino alla fine della quale aveva accolto uno dei gruppi di italiani in visita. Alla fine dell’incontro il capogruppo consegnò alla suora una valigia con vestiti per bambini, divisi per taglia. Alla loro partenza, riponendo i capi, sotto tutti i vestiti, trovò l’aquilone richiesto mezz’ora prima durante la preghiera.

Non uno solo, ma cinque aquiloni nuovi.

Si sa, Dio è generoso con chi ama.

 

(qui l’associazione italiana che li sostiene: http://www.aiutobambinibetlemme.it/)

1 Comment

  • Roberto Buzzi, 3 Marzo 2016 @ 07:09 Reply

    Sono stato li con Paolo tre anni fa. Davvero, nonostante le oggettive difficoltà, si respira aria di Spirito Santo. Roberto

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