Eccolo qui, il ricco documento elaborato dal Sinodo. Tutti i convenuti sono concordi nel ritenerlo un buon compromesso, su tutti gli articoli si è raggiunta la maggioranza qualificata (due terzi), su alcuni l’unanimità. Tutti concordi nel ritenere molto positiva la nuova modalità delle sotto-commissioni linguistiche che ha permesso una enorme quantità di interventi, ricchezza di diverse sensibilità. Un Sinodo è un momento di vera esperienza ecclesiale, diverso da ogni altra tipologia di incontro (quando lo capiranno i giornaloni che si ostinano a rappresentarlo come se fosse un parlamento!) che fa il punto della situazione, raccoglie la dottrina del passato e si apre al futuro.
Ho dato una letta al testo, starà poi a Francesco decidere cosa farne, se far confluire la ricca riflessione in una lettera o un’enciclica, aggiungendo proprie riflessioni. La sensazione che ho avuto, leggendo il testo, è di trovarmi di fronte ad una ricchezza notevole, ad una sintesi che lascia trasparire la vivacità delle posizioni sempre mediate dal senso della fede e non dalle opinioni.
I giornali di stamani, così come hanno fatto durante l’assise plenaria, si concentrano su uno o due punti, come se il resto non contasse. Ed è proprio il resto che conta, quella lunga introduzione in cui si ribadisce che la coppia non è il frutto di una vetusta convezione sociale ma del grande sogno di Dio. E, da questa consapevolezza, si affrontano le sfide per l’oggi. Il linguaggio è positivo, propositivo: in un mondo occidentale che si ostina a distruggere ogni certezza, forzatamente ossesso dal mettere il singolo al centro di ogni scelta, feroce nel proporre le proprie certezze umiliando quelle altrui, la Chiesa, la sposa, dà a tutti, ancora, una buona notizia, che Dio ha inventato l’amore, che la coppia, anche se con fatica, è possibile, che la famiglia ha a che fare con la Trinità.
Ma di queste cose, credetemi, non leggerete nulla.
Interessante, in questo ampio contesto di proposta e di rilettura della coppia alla luce della visione evangelica, la scelta dei sinodali di approfondire il percorso già iniziato dai precedenti papi nei confronti delle coppie divorziate e risposate, con la convinzione, ormai assodata, che il matrimonio fra due cristiani non è automaticamente un sacramento.
Ecco allora le due proposte: una già anticipata da papa Francesco con la riforma del processo canonico per la dichiarazione di nullità, per capire quali e quanti matrimoni cristiani siano effettivamente dei sacramenti.
La seconda, semplice, di discernere caso per caso: altro è il coniuge abbandonato che sceglie con fatica di rifarsi la vita, altro chi abbandona e pretende, con arroganza, di continuare ad accostarsi alla mensa eucaristica. Saranno i preti/confessori a capire, caso per caso, ad accompagnare.
Questa visione, molto evangelica, molto rispettosa delle persone, comporterà un grande balzo in avanti per la comunità cristiana: saremo costretti ad uscire dalla visione piccina di una Chiesa che si scandalizza (ma de che?) entrando nella logica più impegnativa della misericordia e della giustizia. Insomma, dovremo convertirci.
E aiutare/formare i preti (i pochi rimasti!) a donarsi ancora di più, ad essere ancora più santi nell’accogliere e accompagnare.
Wow.
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