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(Questo è un post molto personale, quasi da diario intimo. Lo condivido con voi, dopo attenta riflessione, perché vuole essere una testimonianza verso la fantasia di Dio).

Il gestore della pizzeria è fra il perplesso e il divertito.
Il locale è semi-vuoto: tiene banco una rumorosa tavolata di omaccioni, vestiti in maniera molto spartana, sembra una classe della medie in gita scolastica. Alcuni sono alla terza pizza e ne hanno ordinato una quarta.
Non sa che sono monaci di clausura in vacanza da me segretamente, in parrocchia.
Ci ha raggiunti anche Giorgio: ha finito di lavorare e, invece di andare a casa, è salito di corsa a vedere come sto. Da Milano.
E poi ci sono io, frastornato, il cuore smarrito ma rassicurato dall’energia potente che mi arriva da quella tavolata.
Abbiamo passato la giornata insieme, ho accompagnato i miei amici alla Vaudaletta, in val di Rhêmes. La sera precedente ha nevicato sopra i duemila e, oggi, la giornata è soleggiata e tersa, un vero regalo di Dio a questi suoi amici folli.
Uno spettacolo per l’anima.
Alterniamo chiacchiera a silenzio, camminando. Ci fermiamo a recitare l’ora media nella più incredibile cattedrale mai vista.

Mi isolo con il priore che mi segue da anni. Con me è sempre stato accogliente e non ha mai fatto sconti. Mi ha insegnato a non fuggire, a non giustificarmi, a non disperarmi. A credere.
Sono giorni difficili: il vescovo mi ha chiesto di dare le dimissioni da tutto e di andarmene a riflettere per un anno. In realtà l’obiettivo è calmare le acque che ormai stanno diventando una tempesta.
O così lui vorrebbe.
Non è normale che un prete abbia un figlio, giustamente.
Il problema è che non l’ho mai nascosto e che, con sua madre, c’è una buona collaborazione ma non un progetto di vita. Quindi, ho scoperto, sono diventato un caso.
Prete, padre, celibe.
Da tanto si cerca una soluzione, ho chiesto formalmente di fare il prete e il padre. In teoria è possibile.
Consulenze giuridiche, confronti ad alto livello.
La linea di tendenza è che posso fare il prete dove non sanno che sono padre.
Questo non posso accettarlo. Non posso predicare il Vangelo dicendo a mio figlio che sono suo zio.

Gli ultimi mesi sono stati davvero devastanti, la pressione sul vescovo è tanta, per ora so che devo smettere di stare in parrocchia. Non so ancora che non potrò più fare il prete.
Ho scoperto, in questi dieci anni, di non essere capace di fare il parroco, di essere sincero nel voler annunciare il vangelo ma che la dimensione istituzionale mi soffoca, mi comprime, mi spegne.
Parliamo di queste cose con Cesare. Mi sento perso, mi dice di fidarmi e di affidarmi.
Dio ha sempre delle buone idee, dice.

Mentre cammino, ignaro, il cellulare non ha campo, in basso, laggiù, è scoppiata la bomba. Un’affermazione imprudente di un confratello è stata rilanciata da un’agenzia di stampa col solito metodo vigliacco: “si dice che…”. Apriti cielo.
Quando, sul tardi, arrivo in parrocchia, trovo alcuni amici parrocchiani spaventati e allibiti. Anche loro sanno delle voci, forse sperano in una mia smentita, forse soffrono con me. Li ringrazio, sorrido. Iniziano a telefonare i giornalisti.
“No comment”. So già che domani sarò sulle pagine dei quotidiani nazionali.
E diranno ciò che vorranno, come accadrà. Il fatto che il papa venga in vacanza delle mie parti fa molto notizia, tira. Scopro di essere diventato “il parroco del papa”. Che scemata.
Mi preparo all’ennesima notte insonne.
Cerco di calmarmi, ma sono travolto. Chiamo L, la mia attuale moglie, per sapere come sta Jak.

Mi telefona Cesare: stasera pizza per tutti, in mio onore.
Arriva anche il carissimo amico Giorgio,da Milano, ancora in divisa da manager.

Sono passati otto anni da quella serata.
Mi sono fidato, mi sono affidato.
Continuo ad annunciare il Vangelo. Ho ricevuto cento volte tanto.
Nonostante la mia incoerenza, nonostante il mio limite e le mie paure.
Mi manca non poter celebrare l’eucarestia, offro questo dolore.
Ora sono anche sposo. Padre lo sono da tanto.

Continuo a scrutare le Scritture, a condividere le mie riflessioni con i tanti parrocchiani virtuali, ormai diverse decine di migliaia.
Pensavo che quell’evento fosse la fine di tutto.
E’ solo stato un nuovo inizio lungo lo stesso percorso.

E lo dico forte e chiaro: Dio non smette di stupirci.

(Ho disattivato i commenti, so che capirete)