Come?
Mi viene da urlare di rabbia, quando ti leggo.
Mi piace ciò che scrivi, è come se descrivessi una torta meringata a una che vive in dieta rigida da decenni.
Come, buon Dio, posso trovare un cammino di conversione che mi dia gioia?
Se, come hai detto, occorre superare una visione superficiale ed opportunista del cristianesimo, come faccio a trovare un cammino in questo delirio di città in cui vivo?
Lavoro tutto il giorno, devo calcolare due ore di viaggio per andare al lavoro e tornare a casa, mi devo occupare dei figli, del mio compagno, della spesa, al sabato faccio tutto ciò che non ho fatto in settimana e la domenica non riesco nemmeno a riposarmi. Mi dici come cavolo si fa?
Forse lo possono fare i monaci e gli eremiti (che invidio), ma io no, non so proprio che fare, non ne ho né il tempo, né la voglia! (Laura, via mail)
Credo sia possibile, anche se difficile, trovare dei percorsi per conoscere Dio.
La prima cosa da fare, e la stai facendo, è ascoltare l’onda che cresce nel tuo cuore, il disagio che, come già ti dicevo, è segno di un desiderio, di una ricerca, e non va mortificato o rimosso. E qui ci siamo (e brava!), non hai messo da parte il tuo disagio ma hai cercato di dargli un nome e un cognome e hai capito che si trattava di dare un senso definitivo alla tua vita.
La seconda cosa da fare è demolire le tante idee di Dio che ci facciamo: quella del nostro inconscio, quella che ci hanno insegnato al catechismo, quella dell’ultimo editorialista, il Dio politico, quello sociale, quello che credo di conoscere…
Fare tabula rasa, per quanto possibile, di ogni pregiudizio, e metterci in ascolto.
La terza cosa da fare è interrogare la storia e i discepoli, i tanti che, prima di te, hanno veduto e creduto.
Siamo nani sulle spalle di giganti, perciò vediamo così lontano.
Trova un percorso, un tuo percorso, nelle diverse sensibilità di vivere la Chiesa.
Ascolti Radio Maria e ti vengono i nervi? Spegni la radio.
Senti un’intervista di un Vescovo in televisione e ti senti in dissonanza? Sospendi il giudizio.
Vai all’essenziale, se puoi, e l’essenziale è la testimonianza di chi c’era, la testimonianza dei primi discepoli. Prendi un Vangelo e leggi, poco alla volta.
Se non capisci una cosa chiedi. Se continui a non capirla, pazienta.
Se puoi, dedica cinque minuti al giorno al tuo “dentro”, stacca il cellulare, assumi una posizione comoda, prendi il Vangelo, socchiudi gli occhi, libera il pensiero, poi leggi. Cinque minuti al giorno, poi mi dirai.
No, non sei chiamata a vivere in un monastero, né a fare l’eremita.
Conosco diversi monaci ed eremiti e vivono esattamente le stesse fatiche e le stesse domande di senso che viviamo noi due. Hanno qualche possibilità in più, se vogliono, meditando la Parola giorno e notte. Non enfatizzare la loro scelta, rischia di essere una fuga impossibile in cui rifugiarti.
Se il Vangelo non si può vivere nella tua città, facendo il tuo lavoro, con tutte le fragilità di questo tempo disumanizzante, il cristianesimo è morto e sepolto.
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