“Amavo un’altra, ora datemi il massimo della pena”.
Leggo sui giornali la macabra storia del marito che, invaghito di una collega e non corrisposto, immagina nei suoi oscuri meandri mentali di tornare ad essere single per avere una qualche opportunità e, dopo averci fatto l’amore, sgozza la moglie, uccide nel sonno i due figli poi esce a vedere la partita (esultando per i gol) per costruirsi una specie di alibi.
Il giorno dopo, mentre sto preparando cena in questo inizio di estate, dalla televisione apprendo che hanno finalmente scoperto, grazie alla più gigantesca indagine italiana stile CSI di tutti i tempi, l’assassino della piccola Yara Gambirasio. Indagine resa difficile dalle tresche famigliari: l’assassino è un figlio illegittimo di una madre che, pur sapendo dai giornali che era lui il colpevole, si è guardata bene dal riferire la cosa per non svelare la relazione adulterina di gioventù.
Sono scosso, lo confesso.
Mi stupisce sempre la profondità del male. Come mi rallegra sempre l’ampiezza del bene.
Lascio agli psicologi e ai criminologi indagare quali siano i sentieri che portano persona apparentemente normali diventare degli spietati killer. E ai sociologi indagare sulle ragioni che portano dei cittadini della provincia italiana, apparentemente “normali” senza grandi disagi economici o lavorativi, a diventare pericolosi sociopatici. E agli opinionisti dissertare sul declino di una civiltà che non sa riconoscere e ammaestrare i proprio draghi interiori.
Dopo una notte travagliata metto a fuoco, per me, un articolato pensiero che desidero condividere.
Se il primo assassino pensa di avere compiuto una strage “per amore” di un’altra donna, abbiamo evidentemente un’idea radicalmente diversa di “amore”. L’amore, qualunque esso sia, non lascia spazio in nessun modo alla violenza e alla morte, mai. Se invece, come spesso accade, l’amore è identificato con quella melensa ridda di emozioni che tutto travolge e che ci fa commettere follie, così decantata dalla nostra cultura decadente e narcisista, un amore di fusione, di passione travolgente e ingestibile, allora ci sta.
La Bibbia pensa che in ognuno di noi esista un’inclinazione al male, una oscura radice, un’ombra che, se non riconosciuta e addomesticata, può spingerci a commettere cose orribili. Esiste il peccato originale e dobbiamo farci i conti, con umiltà e intelligenza.
In me esiste un serial killer, un iracondo, un violento. Il cammino spirituale, la fede, l’orizzonte ampio della vita, la preghiera, la grazia, la conversione mi aiutano a riconoscere il male come tale e a combatterlo quotidianamente.
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