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[CC002][1]Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa [2]e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. [3]Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. [4]Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. [5]Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».[6]Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: [7]«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».[8]Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? [9]Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? [10]Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, [11]ti ordino _ disse al paralitico _ alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua». [12]Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Nella mentalità giudaica popolare ( e forse ancora un po’ nella nostra) c’era la convinzione che la malattia fosse una punizione di Dio ai nostri peccati. Poco era servita la riflessione di Giobbe che, invece, aveva slegato la retribuzione del peccato alla condotta della vita. Un paralitico dalla nascita era tale perché i suoi genitori avevano peccato e se era diventato paralitico era sicuramente a causa di un suo peccato. Vi immaginate che razza di isolamento si produceva con questo discorso? Capiamo perché l’arrivo improvviso di un paralitico innesca un discorso sul peccato. Il paralitico viene calato dall’alto, ci immaginiamo la calca intorno alla casa che aveva accolto Gesù. l’unico modo di arrivare a Gesù era passando dal tetto di frasche che ricopriva le case a un unico piano caratteristiche della Palestina. Il paralitico viene portato perché bloccato, immobilizzato… che bella immagine di chiesa! La chiesa è colei che porta chi è paralizzato dal dolore, dalla solitudine, dal peccato, fino ai piedi di Gesù. Oggi portate nella preghiera qualche persona che conoscete, fate il servizio che fecero queste persone nei confronti del paralitico: è un servizio alla carità che potete fare.

Gesù resta stupito dalla fede di questa gente e perdona il peccato di quest’uomo. E’ stupefacente gioco che innesca Marco: gli scribi pensano in cuor loro: “Solo Dio può perdonare i peccati!”. Hanno perfettamente ragione: solo Dio può perdonare i peccati, quindi Gesù … Vedete il gioco di Marco? Nel perdono del paralitico e nella successiva guarigione adombra la divinità di Gesù.

Vale la pena anche di sottolineare il fatto che la guarigione del paralitico è il segno di una guarigione interiore ben più profonda.

Veniamo ora a noi: cos’é il peccato? Non vi sembri una domanda senza senso perché dalla risposta a questa domanda capiamo quanto cristianesimo c’é nella nostra fede. A me pare che, per rispondere, occorra rifarsi alla Scrittura. Nell’antico Testamento il peccato è legato all’idea del fallire un bersaglio, come la freccia che non colpisce la preda. Nel Nuovo Testamento il peccato è legato all’idea di un rifiuto dell’amore, di un rifiuto della luce. E’ proprio così: peccato è rifiutare la pienezza che Dio mi vuole dare, credermi capace di gestire la mia vita e, perciò, fallire il bersaglio. Dio mi ha creato per essere un’aquila e a me va bene restare un pollo. Peccato è, anzitutto, un’offesa nei miei confronti, una svalutazione di ciò che potrei essere e, perciò, un fallimento nel raggiungimento della mia felicità. E’ come se vi avessi regalato una lavatrice e voi la usaste come lavastoviglie: non lamentatevi se il vostro servizio di porcellana va in mille pezzi! Dio mi ha creato, sa in cosa consiste la mia felicità, mi dona il libretto di istruzioni che è la Scrittura e io decido che me la cavo benissimo da solo, che so io badare alla mia vita. Ecco cos’é il peccato.

Capite, allora, che io e Dio spingiamo dalla stessa parte. Anzi, forse più Dio di me. E peccato è tutto ciò che non realizza la mia natura più profonda. Cito spesso l’episodio del colloquio tra il Papa Giulio e Micelangelo che gli stava scolpendo il monumento funebre. Davanti alla bellezza del Mosé il papa, stupito, chiese a Michelangelo come avesse fatto a fare un capolavoro del genere. E Michelangelo a lui: “E’ stato semplice, ho preso un blocco di marmo di Carrara e ho tolto via tutto ciò che non era Mosé”. Anche per noi è così: siamo dei capolavori da realizzare e il peccato è tutto ciò che non sono io nel profondo.Dio ha un Progetto su di noi. Lo conosciamo? Crediamo davvero che questo Progetto rappresenti la nostra massima realizzazione? In estrema sintesi il peccato è un non-amare, un credermi capace di realizzare da solo la mia felicità.

Ecco il primo ostacolo all’accoglienza della buona notizia: il peccato. Posso essere paralizzato nella mia miopia, chiudere il cuore nella durezza senza riconoscere che è il Signore che fa.

Alcune annotazioni finali su questo aspetto a partire dalle tante obiezioni che mi sento rivolgere quando parlo di peccato e di perdono. Anzitutto: molte persone contestano che il perdono sia intermediato da un uomo, il prete, peccatore quanto e più di me. Perché non posso confessarmi direttamente a Dio? Obiezione più che corretta, che però non tiene conto del desiderio del Signore Gesù che esplicitamente, a più riprese, affida il ministero del perdono proprio agli apostoli. Che, dunque? Non so dirvi il motivo, lo chiederemo direttamente al Signore. Mi pare però di intuire due ragioni soggiacenti a questa scelta. Io non so voi, ma a me costa molto di più confessarmi al Signore, il Perfetto, colui che è tutta luce, colui nel quale non è mai ombra, che non ad un uomo come me che conosce il peccato e conosce la forza del perdono… Questa solidarietà che si esprime con il condividere la stessa povertà, lo stesso dono, mi riempie di meraviglia, mi gonfia il cuore. Sì: davvero il Signore è con noi e ci perdona e la sua voce passa attraverso l’esperienza e il consiglio di un fratello che ha ricevuto, per farmene dono, il ministero della pace del cuore. Idealizzo? Forse sì, me ne rendo conto. Eppure questo è il sogno di Dio. Non fermatevi all’esperienza negativa di questo o quel confessore che non hanno saputo trasmettervi calore e accoglienza… forse era stanco, sfiduciato. Sapeste che pena fare il confessore, alle volte! Vedere il dono di Dio gettato dalla finestra dietro paraventi quali ‘precetto’ e ‘dovere’ come quando si dichiara il proprio reddito al fisco (cioé: meno dichiaro e meno pago!). Ma anche che gioia interiore quando si assiste stupiti alla grazia che riempie il cuore di una persona! Una seconda ragione a difesa del ministero del perdono è dato dall’esperienza storica. Sapevate che all’inizio della chiesa, nei primi secoli, la confessione era pubblica, all’inizio della celebrazione eucaristica? Ve lo immaginate? Che figuracce! Eppure era così forte il senso di appartenenza alla comunità che si riteneva essenziale chiedere perdono anche ai fratelli. Ora questo compito di rappresentare la comunità è delegato al sacerdote. Sappiamo vedere in lui il fratello ferito dalla nostra colpa, dal nostro peccato! Infine voglio dire due parole sull’inutile senso di vergogna che alle volte l’avversario riesce a farci provare pur di tenerci lontano dall’abbraccio di Dio. Sapete che alle volte ho l’impressione di avere davanti penitenti più preoccupati del proprio peccato che del perdono? Come se vi volessero regalare dieci miliardi e voi foste tutti preoccupati perché siete vestiti da lavoro! All’obiezione: “Chissà cosa pensa il prete di me” reagisco rivelando uno scoop clamoroso. Semplicemente dice: “Signore, abbi pietà di me peccatore” perché spesse volte le confessioni degli altri sono degli splendidi esami di coscienza per noi!

9 Comments

  • Gina Re, 26 Giugno 2014 @ 20:10 Reply

    Anni fa, il mio ex marito mi raccontò un suo sogno;
    il suo padre voleva scrivergli una lettera, ma non trovava neanche un solo foglio bianco. Tutti i fogli erano scritti da mio ex marito.
    Chi ha intelligenza capisca!

  • Primella, 26 Giugno 2014 @ 21:59 Reply

    Buonasera. Potrebbe segnalarmi i passi delle scritture dove e’ scritto che per chiedere perdono a Dio mi devo rivolgere ad un prete?

    • Paolo, 27 Giugno 2014 @ 07:17 Reply

      E quello in cui Gesù istituisce il matrimonio? Non troverai né l’uno né l’altro ma la prassi della prima comunità ha inteso il perdono da vivere in comunità in diverse tappe. Troppo lungo da spiegare! La Chiesa (=comunità) è passata dal battesimo unico modo per il perdono alla riconciliazione pubblica alla penitenza privata fino ad oggi. Se hai voglia di leggere; http://didaskaleion.murialdo.org/matcorsi/completo/vol2/15_3.pdf

      • federica, 29 Giugno 2014 @ 00:04 Reply

        Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. (Mt 19,4-6)

      • federica, 29 Giugno 2014 @ 01:18 Reply

        Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
        E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
        E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.
        La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. (1 Corinzi 13, 1-8)
        Il peccato più grande è la mancanza di amore e di carità nei confronti del prossimo. Quante volte confessiamo a noi stessi a Dio al Sacerdote questo peccato? E quante volte, pur confessandolo, abbiamo davvero il cuore contrito e umiliato da non commetterlo più?
        Non sono contro la Confessione, ma una confessione fatta male, giusto per scrollarsi di dosso un po’ di polvere, per poi cadere e ricadere (tanto Dio perdona sempre) è un voler prendere in giro, prima se stessi, poi il Sacerdote ed infine Dio.
        Ho sentito che molti si accostano a questo Sacramento dicendo: “Si, vengo a confessarmi, ma in fin dei conti che peccati ho fatto?” Magari, hanno parlato male e alle spalle di questo o di quello. Ma dai……! Non è forse questa mancanza di amore?
        Gesù ha istituito un Comandamento Nuovo, il duplice Comandamento dell’Amore: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti” (Matteo 22,37-40). E’ mettendo in pratica questo Comandamento che si guarisce interiormente.
        Amerò il prossimo mio come me stesso e non farò mai agli altri ciò che non vorrei fosse fatto a me: non ruberò, perché non vorrei che qualcuno rubasse a me; non ucciderò, perché non vorrei essere ucciso; onorerò mio padre e mia madre, perché un giorno anch’io vorrei essere onorato dai miei figli; non commetterò adulterio, perché non vorrei essere tradito; non desidererò la donna/uomo d’altri, perché non vorrei che altri desiderassero la mia donna/uomo; non sarò invidioso dei beni e della condizione degli altri, perché non vorrei che altri fossero invidiosi nei miei confronti; non calunnierò il mio prossimo, perché non mi piacerebbe essere calunniato; e farò invece agli altri ciò che piacerebbe fosse fatto a me; e anche se a me non viene fatto, lo faccio lo stesso. Ciao.

    • federica, 29 Giugno 2014 @ 00:12 Reply

      “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. (Gv 20, 21-23)

  • Cielo, 28 Giugno 2014 @ 17:34 Reply

    La guarigione interiore viene dal perdono e porta via le malattie .
    Non sono degna di scrivere in questa pagina così colta, però volevo testimoniare che io da più di 20 anni ho sofferto più di 15 malattie dichiarate autoimmune l ultima che si era apparsa era la miosite più un matrimonio travagliato con problemi digeriti e rancori accumulati.
    Deceduto il mio marito ,io ,con tutto il mio cuore l ho perdonato, anzi la mia preoccupazione era di salvare la sua anima e che non soffrisse nel purgatorio, per tutte le sue cattiverie.
    Per 2 anni l ho sognato ogni 25 del mese, giorno della sua morte e all ora della sua morte alle 8 della mattina.
    Ogni giorno le ho fatto le mese.
    Al terzo anno, mi sono reso conto che non ho più nessun problema più di salute.
    Per questo sono convinta che “il perdono porta via le proprie malattie” .

  • michaela, 29 Giugno 2014 @ 01:36 Reply

    Certo è che un bel bagno di Umiltà e di Carità non farebbe male a nessuno.
    Purificarsi, perdonando prima a se stessi e poi al prossimo, servirebbe a guarire interiormente.

  • Rita, 25 Luglio 2014 @ 21:20 Reply

    Condivido ciò che affermi sul sacramento della riconciliazione. Io mi confesso pochissimo, pur avendo una guida spirituale da anni, e sai perché ? Sono superba. Credo di fare sempre gli stesi peccati. Di non crescere mai e questo e’ un gran peccato già di suo! Se non ci fosse la confessione non chiederemmo perdono a Dio. O almeno non un perdono dal cuore. E’ facile dire: ‘Signore Perdonami’! Non lo vedo. Non mi risponde e me la canto e me la suono e piano piano la necessità di chiedere perdono passa. Il confronto con un uomo, spero, presto, donna, come me è essenziale per sentirsi peccatori e perdonati.

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