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downloadUn giorno me lo fai un regalo? Scrivi un libro: “Le cose da non dire e da non fare MAI quando una persona soffre”
La mail, perentoria, mi giunge da una persona che da mesi combatte contro una patologia estremamente dolorosa e invalidante. Una persona credente, giovane, che, come tutti, vive la sua vita fra alti e bassi.
Due genitori anziani problematici e rissosi, una salute malferma, tanta solitudine… Situazioni in cui molti, fra noi, si vengono a trovare.
Eppure, e questo mi fa riflettere, ciò che più la addolora è la processione di conoscenti e amici che, come nel libro di Giobbe, vengono in processione ad incontrarla.
Ma, diversamente da quelli, non vengono per incoraggiarla o anche semplicemente per tacere.
Si sentono tutti autorizzati a fornire interpretazioni, a tirare in ballo la volontà divina, a sentenziare perle di saggezza non richieste. Per poi cominciare a lamentarsi della propria vita, dei proprio dolori, delle proprie disgrazie.

Già non è gradevole avere a che fare con persone lamentose, ma se le lamentele giungono quando stai male proprio non si può fare, non scherziamo.
Questo episodio mi fa riflettere sul fatto che dobbiamo ancora fare molta strada nella comprensione del mistero cristiano e dell’approccio al dolore. Stereotipi usurati che tentano di fornire delle spiegazioni tirando in ballo croci inviare e da sopportare (!), prove da superare segno della bontà divina (!), visioni catastrofiche della vita terrena che è sofferenza per aprirci a quella celeste (!) non solo risultano stonate ma, in certi contesti, addirittura offensive. Nei confronti di Dio e di chi, faticosamente cerca di conservare la fede nonostante il dolore.

Inoltre, e lo vedo anch’io, il nostro mondo ci ignora costringendoci a lottare per metterci al centro dell’attenzione. E’ sempre più difficile incontrare persone disposte ad ascoltare, capaci di accogliere, aperte all’incontro. Molto più spesso le nostre relazioni si basano su pochi interessi comuni ed egoismi che si sfiorano.

Dopo la lettura della mail ho preso l’impegno, almeno per oggi!, di guardare sempre al lato positivo delle situazioni, di avere un cuore largo che sappia riconoscere il disegno di Dio sulla (mia) storia, di pormi in ascolto di quanti incontrerò. Non tutti, però.
I lamentosi di professione vorrei lasciarli fuori dalla porta del cuore.

13 Comments

  • donna, 21 Maggio 2014 @ 13:21 Reply

    Sai Paolo se è importante riconoscere il disegno di Dio poi,nell’uomo che non si accontenta più di cose cosi vaghe,viene la voglia di interpretarlo questo disegno e da qui i tuoi citati stereotipi usurati.
    Ma allora questo disegno di Dio cosa “diavolo” è?
    Dio è buono,cattivo o neutro?
    Fa comunella, come nel Giobbe, col suo amico diavolo per provarci
    facendoci vivere vite più o meno di m…?
    E’ un sadico che si diverte con i suoi “quasi”pari a nostre spese?
    Mah,più ci rifletto e meno ci capisco

    • Giovanni Attolico, 22 Maggio 2014 @ 08:19 Reply

      … non posso non dire una parola a “donna” sentendola parlare di comunella tra Dio e il diavolo … non credo si debba confondere l’inizio del libro di Giobbe, nel quale probabilmente ci si limita a ribadire che comunque il diavolo non può operare oltre i margini che gli lascia Dio, con una complicità nell’organizzare le prove degli uomini … non sono un teologo, ma non credo che Dio organizzi le prove per verificarci e farci crescere … si può proporre un esercizio di difficoltà crescente per migliorare le capacità di qualcuno, ma non infliggere una sofferenza ad un figlio … neppure per temprarlo e farlo crescere nella fede … quello che io credo è che il mondo è stato fatto e gli sono state date delle regole … in base a quelle regole, quando qualcuno opera in modo sbagliato si genera sofferenza e dolore … per sé e per gli altri … non è una punizione perché si é stati disobbedienti … é la conseguenza naturale di quanto si é fatto … se lascio cadere un bicchiere di vetro, non si rompe per punirmi perché sono stato monello: si rompe perché le leggi della fisica lo prevedono ed io sono stato uno sciocco a non considerarle … quel che Dio fa é stare vicino … neanche dire “te lo avevo detto” … “ti avevo avvisato” … “hai visto che succede a disobbedirmi?” … sono tutte sciocchezze … é lì a soffrire accanto a me … a lacerarsi del mio “mancare il bersaglio” … del mio non essere felice perché voglio intraprendere di testa mia strade autolesioniste … é lì a dirmi che non mi vuole un grammo in meno di bene … che mi abbraccia come prima (anzi di più perché sa che in quel momento ne ho più bisogno) … a guardarmi negli occhi e dirmi: ok, é andata … ricominciamo … “va e d’ora in poi … ” …

      • marina, 22 Maggio 2014 @ 17:14 Reply

        bellissimo commento! sottoscrivo 🙂

  • eliana, 22 Maggio 2014 @ 07:06 Reply

    Faccio Il medico e to garantisco che I pazienti meno la.mentosi sono in genere i più gravi ,quelli che giudicano il proprio dolore troppo dignitoso per darlo in pasto a chiunque

  • paola, 22 Maggio 2014 @ 07:36 Reply

    Caro Paolo, concordo al 100% con quanto hai scritto! Come medico e come credente vado in bestia quando sento dire certe cose a persone che soffrono. Sono perlopiù frasi stereotipate dette spesso per se stessi, per superare l’imbarazzo di trovarsi di fronte a qualcosa che fa paura e mette a disagio… Allora si danno spiegazioni presuntuose, giudizi indelicati, consigli non richiesti , dannosi e fastidiosi .Di fronte ad una persona che soffre dobbiamo tutti imparare a stare più zitti, ad ascoltare, ad accogliere e, se possibile, ad abbracciare… Grazie! Ciao

    • ketty, 22 Maggio 2014 @ 14:00 Reply

      Grazie per il tuo commento, spero lo leggano in tanti…..mi trovo in una situazione simile.

  • Valeria, 22 Maggio 2014 @ 07:55 Reply

    Approvo in toto,grazie di cuore!

  • Vanessa, 22 Maggio 2014 @ 12:14 Reply

    Caro Paolo concordo e sottoscrivo…più cammino , più cado, più ricomincio e più scorgo quel Padre Amorevole pronto a guarirmi risollevarmi e accompagnarmi. Gesù dice” venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e inparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti é dolce e il mio peso leggero”.
    Questo passo del Vangelo é stato ed é luce per tutti i miei momenti di desolazione e le difficoltà oggettive del vivere quotidiano. Forse l’unico vero aiuto che possiamo dare é ricordare che l’unico ristoro si trova nell’Amore di Dio e pregare affinché ciò avvenga. ….e Io vi darò ristoro!

  • Angela, 22 Maggio 2014 @ 12:25 Reply

    Comprendo … è successo anche a me quando mi sono ammalata gravemente… avevo 23 anni … ero in ospedale…dovevo essere paziente in tutto. Oggi rifletto … dico che il rimedio sta in un delicato processo di ristrutturazione delle strategie comunicative tra gli individui. Pace e bene!

  • Carola, 22 Maggio 2014 @ 15:02 Reply

    Fra i vari libri che ho letto su questi argomenti, ho trovato molto interessanti
    “La morte e il morire” di Elizabeth Kubler-Ross
    e “Il dolore innocente” di Vito Mancuso
    … per chi ha voglia di avvicinarsi alla morte per scoprirvi la vita…
    …siamo attrezzati perché abbiamo il cuore, che è un organo antico, molto più antico della ragione e della stessa intelligenza… … c’è molto spazio nel nostro cuore, sia che si sia da soli, sia che si abbia la fortuna di poter condividere i giorni della disperazione e del riscatto con altre persone a noi care. Questo spazio può accogliere una vita e offrire una vita…

  • Davide, 23 Maggio 2014 @ 13:39 Reply

    Trovo anch’io sbagliato dare risposte x restituire un significato al dolore…….le risposte non possono essere date……….solo……… con la nostra testimonianza possiamo provare a sostenere chi in quel dolore non vuole trovare risposte, ma un Volto . Non voglio dire una parola di più, ma nel mio piccolo credo che se ci ostinassimo di meno ad osservare la vita come la vorremmo noi, troveremmo più occasioni per guardare negli occhi la Verità. Ecco una testimonianza, vissuta nel dolore, che ci parla di Lui e che vale molto di più di mille parole:

    Carissimi, non sono del movimento, ma leggo il vostro Tracce che il mio dottore sistematicamente mi mette nella cassetta della posta. In ogni lettera che leggo trovo la voglia di conferma della presenza del Signore nella nostra vita. Sono d’accordo con Anna che finalmente è riuscita a testimoniare la ricchezza di vita dei ragazzi disabili. Anche Michela, mia figlia, lo è. E da trentun anni vediamo cose grandi intorno a lei. La serenità che inspiegabilmente pervade la mia piccola famiglia è continua testimonianza. Noi dobbiamo solo aggiungere che non arriva da noi, ci viene donata. Una serenità piena di dolore. E’ possibile? Sì, fa parte del mistero. So cosa vuol dire come mamma “una spada ti trapasserà l’anima” perché è pienamente vissuta. A volte devo farmi violenza per dire :”sia fatta la tua volontà”. Preferirei la mia. Ma ora lo faccio. Ora riesco, Perché “da chi andremo se non da Te Signore?”. Tutti voi cercate il Suo intervento ogni giorno. Cercate di leggerlo in ciò che vi succede. E fate bene perché è così. Ma a volte non basta. Per questo ho fatto una scelta e grido :”Signore, il più delle volte non ti capisco, ma sia fatta la Tua volontà. Fa’ o Signore che io arrivi fino in fondo e possa dirti l’ultimo giorno: “Tutto è compiuto””

  • Chisotti ANDREA, 25 Maggio 2014 @ 06:49 Reply

    É la paura della sofferenza che ci induce a cancellare a tutti i costi quella dell’altro .

  • Costanza, 27 Maggio 2014 @ 20:11 Reply

    L’unico modo che ho trovato per stare accanto al dolore è il silenzio, l”affetto. E mantenere anche da lontano un rispettoso segnale di presenza.

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