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Lui è polacco, parla ebraico ed è un frate.
E’ un incontro fra quelli che sempre organizzo durante i miei viaggi, per raccogliere quante più informazioni e farsi un’idea della complessa situazione di questa terra fragile e splendida. Abbiamo già ascoltato la combattiva Daniela, ebrea che fa parte di un’associazione che controlla il rispetto dei diritti umani ai check-point, poi soeur Christine, monaca benedettina che vive nei territori occupati, stamani Abuna Johnny, palestinese, parroco di Nablus.
Padre Apollinare è uno dei cappellani della fraternità di san Giacomo qui a Tel Aviv: un gruppo di 500 persone che ha in comune la lingua ebraica e la provenienza.
Nessun proselitismo: tutto avviene col passa-parola.
E vengono, prima timidamente, per conoscere Jeshua.

Quasi tutti provengono dal mondo laico: educati alle tradizioni religiose ebraiche, come da noi, sono però molto critici con gli ortodossi che considerano fanatici. Allora cercano di capire meglio quel loro correligionario che ha cambiato il mondo.
Ma sono stati educati a considerarlo l’origine di tutti i loro guai.
E, purtroppo, hanno ragione.

Discepoli di quell’ebreo di Nazareth hanno stravolto il suo messaggio, lo hanno usato come orribile giustificazione per compiere massacri e ingiustizie nei loro confronti.
Conoscerlo e amarlo, ora, significa fare un radicale cambiamento di mentalità, ben più di quanto possiamo fare noi.

Se vengono qui è perché per loro è vivo: la resurrezione avviene prima nel cuore, poi nella professione di fede. Camminano per anni, pongono domande, pregano, riconoscendo nei salmi, nell’eucarestia, le “loro” feste. Molti compiono il salto e chiedono il battesimo.
Senza fretta – puntualizza Apollinare – rispettando i loro tempi.
Molti tengono nascosto in casa il loro percorso: nessuno capirebbe.

Facciamo molte domande, incuriositi.
Stamani a Nablus parlavamo del drammatico problema dell’abbandono di questa terra da parte dei cristiani. Qui lo Spirito dona un mano a risolvere il problema.
Apollinare racconta di un ebreo ortodosso che viene la sera, per non essere riconosciuto, da otto anni.
Un nuovo Nicodemo.

4 Comments

  • Janus, 28 Marzo 2014 @ 21:18 Reply

    Ciao vecchio orso.

    ” (…) Ma sono stati educati a considerarlo l’origine di tutti i loro guai.
    E, purtroppo, hanno ragione.
    Discepoli di quell’ebreo di Nazareth hanno stravolto il suo messaggio, lo hanno usato come orribile giustificazione per compiere massacri e ingiustizie nei loro confronti (…)”

    … beh … su … dai … è un po’ tirata 🙂 !!!

    A presto.
    Janus

  • federica, 6 Aprile 2014 @ 23:14 Reply

    Un nuovo Nicodemo? tutti noi Nicodemo: Tutti noi, per paura di essere visti e per non essere screditati, andiamo dal Signore nelle tenebre della notte; tutti noi facciamo domande e vogliamo risposte per poter capire, ma la risposta del Signore, oggi come allora, è sempre la stessa: “Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». (dal capitolo 3 del Vangelo di San Giovanni).
    Nicodemo, si reca da Gesù di notte e non di giorno, e la notte è oscurità non luce, ed è forse per questo che non riusciamo ancora a comprendere bene la Parola di Dio.

    • Janus, 7 Aprile 2014 @ 16:10 Reply

      Cara amica, onestamente il nicodemismo è malattia che non conosco.
      Restringerei quindi quel “tutti noi”.

      Che ci tocchi vivere invece una Chiesa sempre più nicodemica… questo si … è ahimè atteggiamento plurale tra fedeli e “principi” di questa povera Chiesa.

      D’altronde la fede deve diventare qualcosa di soggettivo e privato no?

      A presto,
      Salùt

      • Federica, 7 Aprile 2014 @ 23:00 Reply

        Caro Janus, grazie a Dio non sei malato di nicodemismo; vedi, quel tutti noi, (ho messo in mezzo anche me stessa) logicamente, non era rivolto a tutti in assoluto, ma voleva essere un plurale maiestatis, della serie chi vuol capire capisca, o meglio chi ha orecchi intenda.

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