Ricevo molte mail, di solito rispondo molto brevemente, alcune in maniera più esaustiva e le archivio. Mi piace condividerne alcune
(…) Arrivo ai trentacinque, due figli, un marito crocifisso al lavoro, un’esperienza “cattolica” alle spalle. Tutto normale, insomma, o forse no. Se faccio il bilancio della mia vita, l’unica cosa positiva sono Cecilia e Luca, nulla di più (…) Ho la netta impressione di avere sbagliato quasi tutto, che non ci sia una fine a questo destino fatto di rincorsa e di inciampi… (Una donna in ricerca – via mail)
Ciao donna in ricerca.
Sono contento di ciò che ti sta succedendo, contento che tu stia meglio, contento che ti si stia spianando davanti un piccolo sentiero. Hai scoperto una cosa bellissima: la tua Cecilia e il tuo Luca sono la gioia del tuo cuore, il tuo essere madre e pensare a Dio come ad una madre, ti ha dato un’immensa carica.
Non pigio troppo l’acceleratore su questo tema: molti di noi, forse anche tu, hanno un’esperienza di genitori non proprio entusiasmante; francamente: non credo che basti l’istinto materno per essere madre, o generare per essere un genitore. Ma dalle tue parole sento grande autenticità e grande passione.
Il Dio che la Bibbia ci racconta è un padre e una madre. Meglio: un buon padre e una buona madre.
Da qui può partire la tua ricerca di Dio, dal tuo essere madre e dal pensare che anche Dio è una buona madre per te. Pensaci, Marta, cosa vuoi per i tuoi bambini?
Felicità, pace, realizzazione, salute, serenità, ogni bene. E Dio non vuole forse per noi la stessa cosa?
Perché, allora, troppo spesso la nostra vita è dolore, inquietudine, rabbia, scontentezza?
Forse perché anche noi, come fanno i tuoi figli con te, pensiamo di cavarcela benissimo da soli, e percorriamo strade in cui non c’interroghiamo più su cosa è la vera felicità, il senso di ciò che facciamo.
Io credo che Dio Padre e Madre abbia un immenso sogno da realizzare, un progetto, un piano.
La teologia la chiama “Storia della salvezza”, accostando due termini all’apparenza contradditori: storia non ci richiama forse guerra e sangue e violenza e sopraffazione? Non c’è salvezza nella storia, ma inquietudine e iniquità. La Bibbia ci rivela un volto di un Dio bellissimo e grandissimo, Padre e Madre di ogni tenerezza, che ha un progetto di bene e di amore su di noi, su di me.
E’ tutto molto semplice, credimi. Se esisto, è perché Dio mi ha amato e voluto dall’eternità.
Se sono stato tratto dal nulla, è perché Dio ha un progetto anche su di me, e mi chiede di realizzarlo.
Mi raffiguro sempre la realtà come un immenso mosaico, come quelli mozzafiato di Ravenna.
Lo conosci il mosaico, no? A differenza dell’affresco, non usa dei pigmenti per creare un disegno, ma delle pietre e dei vetri colorati, di dimensioni ridotte che, sapientemente accostati, formano il disegno. La differenza sostanziale tra l’affresco e il mosaico, è che il primo assorbe la luce, il secondo la riflette.
Ognuno di noi è la tessera di un mosaico: solo se inseriti in un disegno abbiamo ragione di esistere, solo insieme ad altri possiamo formare un capolavoro. Tu, che tessera hai scoperto di essere?
Tutta la nostra vita, allora, diventa, come dice sapientemente Matteo, una caccia al tesoro (Mt 13,44).
C’è un tesoro nascosto nella tua vita, semplicemente, e tutta la vita ti è data per scoprirlo.
Ora è il tempo di chiederti: chi sei?
Il Vangelo ti chiede: cosa sei? Che vuoi? Cosa dici di te stessa?
Essere nel grande progetto di Dio ti può far scoprire di essere una tessera d’oro dell’aureola del Pantocrator, o un’acquamarina dello sfondo; poco importa, agli occhi di Dio, ognuno è unico ed indispensabile.
Il Vangelo ci parla di un Dio che desidera ardentemente la nostra felicità e ha a cuore ognuno di noi.
Giovanni, il cugino di Gesù, ha vissuto tutta la vita in una correttezza morale impressionante, un vero Profeta, una figura di tale spessore che Gesù stesso dirà di lui che è stato il più grande uomo mai vissuto (Mt 11,11), folle di intellettuali e politici scendevano sulle rive del Giordano per udire una sua parola. Eppure, quando i Sommi sacerdoti stessi si prendono la briga di andarlo ad esaminare, accade una cosa incredibile, senti:
E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Chi sei tu? ”Egli confessò e non negò, e confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Che cosa dunque? Sei Elia? ”. Rispose: “Non lo sono”. “Sei tu il profeta? ”. Rispose: “No”. Gli dissero dunque: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso? ” Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto” Gv 1,19-23
Mi emoziona, il grande Giovanni: non si prende per Dio e di sé ha scoperto, dopo tutta una vita di austera ricerca, di essere “voce”. Un po’ pochino, no?
Oppure… E tu, Marta, cosa sei?
Attesa? Pazienza? Ottimismo? Ascolto?
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