Non so se riesco a spiegarmi… è come se fossi innamoratissimo di mia moglie, sono travolto di amore per lei. Poi una mattina mi sveglio e, accanto a me, trovo un’altra donna. Anche se gli altri mi dicono che è bella, non è quella di cui mi sono innamorato!
Si, riesce perfettamente a spiegarsi.
La sua anima è trasparente e il suo tormento autentico. Non colgo doppiezze nel suo linguaggio, nessuna ombra nella sua storia. E di storie come la sua ne sento tante, troppe, ormai. Ogni mese almeno una o due volte un prete mi raggiunge ai confini dell’Impero anche da molto lontano perché lo ascolti davanti ad un buon caffè.
Vicende diverse ma tutte accomunate da due caratteristiche: una forte passione per il Vangelo e una pesantezza interiore quasi insostenibile.
Lo ascolto, ci sono passato anch’io. Per questo, forse, sono qui.
Certo, le storie personali, poi, assumono sfumature personali e approdano a risultati diversi.
Alcuni preti, attraverso un cammino interiore scarnificante, giungono a mettere in discussione la propria visione di Chiesa, chiedono aiuto, cambiano modo di stare a servizio della comunità. Altri, invece, gettano la spugna e lasciano il ministero. Di alcuni non ho più notizie.
Eppure questo malessere deve pur dirci qualcosa.
Che siamo fragili, certo, oggi più che mai.
Ma anche che il nostro essere Chiesa e la nostra idea di sacerdozio deve crescere per tornare alle radici.
Ciò che mi stupisce, sempre, è la ricorrenza delle opinioni e dei temi.
Semplifico, necessariamente, ma ci sono dei nodi irrisolti.
Il primo è la distonia profonda fra il desiderio di annunciare il vangelo e l’organizzazione ecclesiale che viviamo. Bruciare di passione per Cristo e finire in una parrocchia che ti stritola richiede una mediazione che non tutti riescono a fare. Come dico sempre: una volta che hai finito di dire messa, di battezzare, di seppellire, di contattare l’impresa per il tetto, di organizzare le prime comunioni, se ti avanza tempo puoi evangelizzare. Certo, ovvio: dovresti evangelizzare in tutte queste cose ma, questo è il paradosso, non sempre si riesce. E non sempre è ciò che la gente chiede!
Il secondo è la fatica ad uscire da un ruolo che schiaccia la persona. Il sindaco e il carabiniere una volta usciti dal ruolo, hanno una vita privata. Un prete no, mai. E la vita concreta, spesso, è straziante: si vive da soli, si lavora sempre, non c’è una sera libera, non un giorno di festa. Nel passato i preti si rifugiavano presso le proprie famiglie di origine. Oggi non può più essere così. La soluzione è il superamento del celibato? Non lo so, non credo. Forse la soluzione è l’idea di una reale vita comunitaria. Gruppi di due o tre preti che si scelgono insieme a una famiglia e che si mettono davvero in gioco.
Il terzo nodo ha diverse sfumature ma un minimo comune denominatore: la confusione istituzionale. Preti spostati ogni due o tre anni con tutte le lacerazioni psicologiche del caso, preti messi in parrocchie che uccidono spiritualmente, preti i cui fantasmi interiori non sono riconosciuti e che si trascinano in un baratro di disumanità… Ciò che li accomuna (e lo dico con immensa severità e dolore) è il non avere guide certe. Non abbiamo vescovi all’altezza della situazione. Abbiamo passato decenni preoccupati di avere vescovi inflessibili nella dottrina. Ma questo non significa avere vescovi che capiscano cosa fare.
Sogno un nuovo modo di essere Chiesa.
Che abbia molte opportunità, capace di stare nel mondo con creatività e passione. Preti di parrocchia grintosi e determinati, preti che provengono da un mondo culturale affine che sanno stare con la gente che a loro chiede solo di esserci. Ma anche preti slegati da ruoli definiti, e preti che possano far crescere la loro interiorità per essere pacificati.
Le soluzioni semplici non ci sono ma nascondersi dietro ad un dito, spremere la generosità delle persone fino a svuotarle è inumano prima di essere contro il Vangelo.
Pregherò per lui ovvio. Lo incoraggio.
Prega per capire cosa fare, ma non spegnerti. Dio vuole che viviamo. E l’unica soluzione, qualunque cosa tu scelga, è la santità
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