«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso».
Leggo e medito la lunga intervista rilasciata da Papa Francesco. Ieri ne ho letto l’anticipazione e stamane i commenti. E’ sempre irritante, per me, vedere come le parole di una persona, il Papa in questo caso, siano sempre filtrate da pregiudizi. Così, nel panorama dei media italiani, ecco che i titoli sono tirati per la giacchetta: ognuno nota e riporta dell’intervento quel che risponde alla propria visione del mondo e della Chiesa.
In realtà leggendo la complessa e articolata intervista mi rendo conto, come immaginato, che qui si parla di qualcosa di molto più intimo e vero.
Sapete come la penso: il Papa non è la Chiesa e la Chiesa non esaurisce il Regno. Ma, certo, avere la fortuna di essere credenti in un’epoca in cui ogni giorno posso sentirmi in comunione con altri credenti e col vescovo di Roma mi allarga il cuore. E lo inonda.
Ho amato l’entusiasmo di Giovanni Paolo e la sua tenacia nella malattia. Ho amato la timidezza e l’umiltà di Benedetto. Amo la franchezza e il sorriso di Francesco.
E ritrovo in lui il modo di incontrare il vangelo che io per primo ho sperimentato. Quella misericordia al centro che, trent’anni fa, mi ha avvicinato al cristianesimo. E che, in malo modo, ho cercato di mettere al centro della mia evangelizzazione.
Un pensiero semplice, che riassume bene nell’immagine dell’ospedale da campo.
Quando arriva un ferito prima lo curi, poi guardi se ha la glicemia alta.
Quando questa umanità ferita si avvicina a Cristo, prima gli annunci la salvezza, poi affronti il resto.
Non esiste un test d’ingresso, non un muro invalicabile. Nessuno, mai, è escluso.
I valori restano ma sono accolti solo nel grande annuncio su Dio e sull’uomo.
Altrimenti la Chiesa diventa un’acida zitella sempre sulle difensive.
Andare all’essenziale non significa tacere il fatto che certi atteggiamenti siano sbagliati e che gli errori siano disumanizzanti. Bene dice Francesco: su aborto ed eutanasia si sa bene cosa la Chiesa pensi!
Più complessa, certo, al questione dei divorziati. Non è un “libera tutti” falso e approssimativo.
La Chiesa resta fedele a Cristo e al vangelo e continua a proclamare la conversione alla vita nuova in Cristo. L’uomo ha una sua dignità, anche di peccare e di redimersi.
Ma la novità travolgente del vangelo è proprio questa: Dio precede la tua conversione. E la suscita.
La misericordia accoglie chiunque e chi si sente amato è capace di cambiare o di accettare i propri fantasmi.
Siamo tutti feriti dalla vita. L’abbraccio di Cristo attraverso la Chiesa ci dice che da queste ferite possiamo guarire.
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