Non mi è mai successo di “parlare” ad uno scrittore, e non so proprio dove cominciare. Quello che è certo è che sto male. Non fraintendermi: sono abbastanza soddisfatta della mia vita, del mio lavoro, delle scelte fatte (quasi tutte), delle persone che ho amato e che amo… Ho studiato, leggo, frequento ambienti culturali di spessore, abito una casa che ho arredato con gusto e passione. Ma resta un vuoto, un vuoto latente, insostenibile, che – come un ronzio – mi giunge nelle orecchie dell’anima sempre più spesso. All’inizio pensavo che fosse un po’ di depressione, il cambio di stagione. Poi la cosa è continuata e, ora, non so più dargli un nome.
Mi prenderai per matta, ma credo di essere finita in un luogo dell’anima sconosciuto, sospesa fra cielo e terra, in una specie di limbo di chi pensava di avere avuto risposte a sufficienza e che, invece, ora resta con sole domande. (Marta)
Non sei sola in questo limbo, Marta. Vi è molta più gente di quanto tu immagini, uomini e donne come te e me, che arrivano ai trentacinque e cominciano a farsi i conti in tasca, vedono la distanza (l’abisso?) che si è venuto a creare tra i piccoli o grandi sogni della loro giovinezza, e la delusione, talvolta cocente, della realtà.
Persone che hanno dato tanto, tutto, e che hanno ricevuto poco e niente.
Sì, per carità, la carriera (lavori? Che fai?), la vita affettiva (che intuisco dolorante: non sopporti di partecipare ai matrimoni), gli obiettivi di studio e di lavoro, possono, per lungo tempo, riempire ogni spazio: del cuore, della mente, della volontà. Ma arriva un momento (il tuo?), in cui l’interiorità bussa alla porta del cuore, e ciò che pensavi di avere risolto, si rivela, invece, caotico e assordante.
Lo chiamerei “senso della vita”, se non sapessi che le parole si consumano, e che questa appartiene ad un mondo ormai troppo distante dal nostro, fatto di filosofia e di Padri della Chiesa.
L’ho visto mille volte nel mio non-mestiere, Marta.
Ho visto manager realizzati e aggressivi, arrivati alle soglie dei cinquanta, esplodere come dei palloncini troppo tesi. Ho visto gente convinta delle proprie scelte, con una pellaccia dura come il cuoio e la coscienza asfaltata di bitume, insabbiarsi senza scampo davanti ad un fallimento affettivo, davanti ad un risultato non conseguito, quando la vita viene a presentarti il conto.
Ti svelo un trucco del mestiere (non divulgarlo!): io credo che questo vuoto dentro, quest’inquietudine sottile ed immensa, ce l’abbia infilata proprio il nostro Dio, come una bomba ad orologeria.
Sentiamo il tic-tac insistente durante tutta la nostra giovinezza, da quando prendiamo coscienza dell’immenso dono della libertà; poi, per qualche strano meccanismo, ci abituiamo al suono, oppure lo occultiamo con della musica ad alto volume, Ma quello non smette e, nei pericolosissimi momenti di solitudine e di silenzio o, peggio, di lettura e di meditazione, ritorna insistente ed ipnotico. Alcuni pensano addirittura di essere sbagliati, o malati, o di avere un grave difetto di fabbrica. Il mondo intorno conferma questa paura, ci invita ad uscir fuori dall’insopportabile abitudine di vivere, ci consiglia di evitare di pensare troppo, perché non ci sono soluzioni, e pensare fa male, crea depressioni. Meglio rassegnarsi, godere del poco che riusciamo a rubare a questa ingrata vita. Mi dissocio, Marta. Credo, semplicemente, che la tua bomba sia esplosa, ed abbia fatto piazza pulita di tutto ciò che non ti è essenziale per vivere (il 90% delle cose che ti hanno convinto a conquistare o ad acquistare).
Ora ti senti nuda, fragile, smarrita.
La corazza di difesa delle tue esperienze, che ha resistito all’esplosione, presenta una sottile crepa dall’alto in basso, e senti che tutto sta per cedere.
No, non credo che tu sia strana, né esaurita.
Ancora hai paura a parlarmi di te, e fai bene, sono solo un tale sconosciuto incontrato ai confini dell’Impero, non sai se fidarti di me, come, d’altronde, io stesso non so se fidarmi di me stesso: troppi guru in giro, meglio diffidare entrambi. Ma del Dio sconosciuto che ti ha messo una bomba ad orologeria nel cuore, di questo insostenibile e sconcertante burlone, fidati. Sono cercatore per aiutare i cercatori di Dio, o anche solo i cercatori di umanità, ad uscire dai loro nascondigli.
Non ho grandi risposte, né grandi esperienze da condividere.
Ma so dove trovare entrambe: nel cuore e nella testimonianza di chi, prima di noi, ha sentito la stessa deflagrazione. E gli ha dato un nome e un volto.
E’ lui, Marta, è il Signore Gesù che stai cercando, è il senso dell’universo che ti ammala il cuore.
E’ lui, solo lui.
Benedici il Dio che ancora non conosci per non esserti asfaltata, per non avere ceduto all’abitudine, per non avere rinunciato a cercare, seppure a tentoni, seppure con fatica.
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