Il dato appena sfornato dall’ISTAT è preciso e non lascia spazio ad illazioni: la fisionomia della famiglia italiana è in rapidissima evoluzione. Attualmente le coppie con figli rappresentano il 37% della popolazione, 20% quelle senza figli, 8% mono-genitoriali e ben il 28% della popolazione vive da sola. I matrimoni religiosi al Nord, ormai, sono passati in minoranza: solo il 48% a fronte del 52% civili. Ricordiamo che al civile si sposano in seconde nozze almeno il 12 % del totale. Restano, ovviamente, fuori statistica le coppie conviventi.
Riassumiamo.
Al Nord, almeno, quando parliamo ad un gruppo di fedeli in Chiesa su 10 persone 4 sono sposate con figli, 2 sposate senza figli 1 ha figli ma non vive in coppia e ben tre vivono da sole. Le coppie con figli, rappresentazione della famiglia secondo l’immaginario cattolico, sono ormai la minoranza assoluta: 4 su 10. E anche delle coppie, almeno al Nord, meno della metà è sposata “regolarmente”.
Quali conseguenze ecclesiali hanno questi dati così espliciti?
Il mutamento del concetto di “famiglia” è in rapidissima evoluzione, non così il linguaggio e la prassi ecclesiale.
Se ben 3 persone su 10 vivono sole (o perché separate o per scelta o perché non hanno ritenuto di sposarsi/convivere) forse bisogna tenerne conto quando parliamo! E se meno della metà sono “regolari”, assommando le famiglie mono-genitoriali e quelle separate (quindi a spanne 7 su 10) forse va rivista la prassi dei padrini e delle madrine, ad esempio, e quella ben più spinosa delle coppie risposate.
Panorama complesso che vedo nella sua positività: la proposta cristiana sull’amore non riposa più sulla consuetudine sociale ma deve proporsi come alternativa.
Il mondo sta accelerando molto più di quanto pensato (o temuto).
Che sia l’ora di interrogarsi prima di sparire?
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