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La basilica di Vèzelay stupisce ed inquieta. Per la sua posizione, nel cuore della Borgogna, sulla via che conduce a Santiago, per la sua architettura romanica perfetta che la rende la più grande e meglio conservata chiesa dell’epoca, per i suoi colori e la sua luce, per essere passata alla storia come custode delle reliquie di Maria Maddalena.

Qui, nel medioevo, migliaia di pellegrini venivano a chiedere misericordia, a imparare da colei che, più di ogni altro discepolo, aveva incontrato la compassione di Cristo.
Qui, ancora oggi, intatta, la forza delle pietre e dei capitelli, del timpano mozzafiato, della delicatezza delle sculture. Molti amanti dell’arte conoscono lo splendido Cristo in gloria che troneggia o il capitello del mulino mistico. Pochi, pochissimi, conoscono il capitello di Giuda. Perché si trova in alto, all’imposta della crociera, il primo entrando a destra.
Le foto, oggi, ci permettono ci colmare la distanza fisica che ci separa dall’osservazione di questo capitello posto a venti metri dal suolo.
Forse non quella spirituale.
Da un lato il capitello racconta l’impiccagione di un Giuda disperato, travolto dai suoi sensi di colpa, incapace di perdonarsi. Il volto inquieto, la lingua penzoloni, diavoli orribili che lo circondano. La classica rappresentazione truculenta e violenta del traditore.
Del discepolo, direbbe san Giovanni nel suo vangelo, dell’apostolo.
Troppo semplice dividere gli uomini in buoni e cattivi. Il confine passa dentro di noi, non fuori.
Ma è l’altro lato della storia che sconvolge. Che osa.
Un uomo porta sulle spalle Giuda esanime.
Il volto è quasi deforme, in una smorfia incomprensibile.
Chi è? Che fa?
Molte interpretazioni fanno impazzire gli storici.
Ma chi conosce il vangelo sa cosa dice quel capitello. Sa cosa ha osato pensare l’artigiano che l’ha scolpito e il monaco che l’ha ispirato.
Quell’uomo vestito con la tunica corta è un pastore. Il buon pastore che porta sulle spalle la pecora perduta. La smorfia divide in due parti esatte il volto: una è accigliata e triste per la morte di Giuda. L’altra sorride perché, ora, Giuda è salvo.
O, se volete, la smorfia è segno della fatica che Dio fa per incontrarci.
Come diceva Gesù a Santa Caterina: se gli uomini sapessero che cosa è diventato Giuda, abuserebbero della mia compassione.
Nella basilica di Maria Maddalena si poteva osare tanto.
Alla fine del percorso fatto dal pellegrino, uscendo dalla porta della rinascita, l’ultimo capitello che lo accompagna è quello del debordamento della misericordia.

11 Comments

  • Vera, 29 Ottobre 2012 @ 20:18 Reply

    “O, se volete, la smorfia è segno della fatica che Dio fa per incontrarci.
    […] Nella basilica di Maria Maddalena si poteva osare tanto.”

    GRAZIE.

  • Franca Acce, 30 Ottobre 2012 @ 07:05 Reply

    Che consolazione, in questo tuo pensiero….leggere con te la realtà è un’avventura. 🙂

  • Teresa, 30 Ottobre 2012 @ 21:22 Reply

    …questo tuo pensiero, Paolo, commuove. GRAZIE
    A volte mi chiedo come si fa ad insegnare al mondo che Dio è dalla parte dell’uomo…………….

  • Suor Nerina, 30 Ottobre 2012 @ 23:19 Reply

    Grazie di questa bellissima e profonda riflessione, che allarga il cuore!

  • Stefano (Perugia), 31 Ottobre 2012 @ 13:48 Reply

    Mi ha da sempre inquietato la storia di Giuda. Stona un bel po’ con la “Buona Notizia” che è il Vangelo. Niente lieto fine. Il suo tradimento si conclude drammaticamente con la vergogna, il tormento ed il suicidio. Per Giuda non c’è Salvezza? Possibile?! Resto sempre turbato quando leggo questa pagina del Vangelo. Mi chiedo – come penso facciano in molti – se anche lui alla fine si sia salvato. Vorrei ottenere una chiara risposta affermativa, la certezza della sua santità. Comunque, alla fine si è pur sempre pentito…

    L’importante non è questo. La vicenda di Giuda va letta in parallelo con il peccato di Pietro. Tutte e due gli apostoli tradiscono, rinnegano il proprio Rabbi. Messi di fronte all’enormità della propria colpa entrambi si pentono amaramente, è vero. Però c’è una sostanziale differenza: la scelta che compiono. Diametralmente opposta l’una dall’altra. Giuda giudica il proprio peccato superiore a tutto, perfino alla misericordia di Dio. Non si fida, perché non ha capito Cristo. Non gli resta che annientarsi. Pietro, invece, guarda Cristo negli occhi e si affida a Lui, insieme alla propria miseria. Lui si salva e diventa il grande Pietro.

    Tutto qui. La differenza sta nelle scelte che Dio lascia compiere in autonomia, senza imposizioni. È la più completa libertà, la stessa che spesso atterrisce e fa sentire addirittura abbandonati. È il dono più grande ma anche il più terribile ed incomprensibile.

    Il resto sono solo dettagli. Guardarli troppo, però, può forviare, può non far giungere al nocciolo della questione. Giuda si salva? Possibile che Dio l’abbia abbandonato così? Sono domande insidiose. Il Vangelo, in realtà, racconta la scelta di Giuda piuttosto che la sua morte. Quest’ultima non è importante, non fa nessuna differenza. La sua scelta, invece, sì. Soprattutto se vista accanto a quella di Pietro. Questo è il racconto che insegna, che salva. Il resto è solo un di più. Una drammatica aggiunta. Un finale lasciato in sospeso, aperto.

    Giuda che penzola dalla corda mi spaventa, m’inquieta. Mi fa capire che posso fallire, nonostante io cammini accanto al Rabbi, vicino alla sua destra. Sapere che si è salvato è, certamente, tranquillizzante: se ce l’ha fatta lui, nonostante il suo orribile tradimento, anch’io posso ben sperare (malgrado i miei rapporti problematici con gli altri)! Il Dio che non interviene, che non consola, che non gli impedisce d’impiccarsi – come, invece, farebbe ogni padre nei confronti di un figlio deciso al suicidio – pone interrogativi che sconcertano. Pensieri che diventano tentazioni, come quella parola fine, “…e visse per sempre felice e contento”, che sa tanto di favoletta per bambini buoni. Alla fine resta solo il gusto dolciastro e stucchevole dell’ennesimo lieto fine che occulta, però, il vero messaggio, l’annuncio. Il nocciolo. E, così, finiamo col giudicare Dio per un mancato lieto fine…

    Che fine ha fatto Giuda? Che fine farò io? È solo (e tutto!) una questione di scelte, non di finali tranquillizzanti.

    Per farvi un po’ sorridere sulla mia idiozia (figlia delle mie scelte e della mia libertà)…

    Durante la Confessione parlo con il prete di rapporti problematici. Mi affanno. Cerco di giustificarmi: “In fondo, la loro è una mentalità lontana dalla mia. Siamo diversi. È gente di settant’anni!”, dico. Chi mi confessa, mio amico da sempre, ribatte sconcertato: “Come?! Guarda che anch’io ho compiuto settant’anni!”. Avvampo in un acceso rossore per l’imbarazzante gaffe. Alla fine cincischio un miserabile: “Sì, ma tu li porti meglio!”.

  • Federica, 31 Ottobre 2012 @ 17:22 Reply

    Sarebbe bello e rassicurante sapere che Giuda si è salvato! Della serie salvo lui, salvi tutti! Anche se, ciascuno di noi ha la sua storia e la sua libertà!
    A me piace pensare che Giuda si sia salvato, perchè in primis ha pianto amaramente e ha perfino restitutito il danaro avuto in cambio del Sangue di Cristo; poi, si, il gesto che ha fatto non ci rassicura, ma chi ci dice che, dopo aver visto scorrere davanti ai propri occhi tutta la sua vita, il Maestro che gli dice: “Amico, con un bacio tu mi tradisci?” Non abbia davvero visto nell’ultimo attimo della sua esistenza terrena il Maestro rivolgersi a lui con tenerezza e compassione : “Amico, con una corda attorno al collo tu credi di risolvere tutta la faccenda? oh…, se solo avessi avuto un pò più di fiducia e abbandono, non saresti giunto a tanto!” E dopo il pentimento del gesto ultimo straziante e l’abbraccio finale con il suo Maestro, il suo Dio, la certezza della salvezza!
    Negli ultimi istanti della nostra vita, quando il maligno verrà a presentarci il conto, non lasciamoci ingannare, scegliamo Gesù, solo Lui salva!

  • fabiana, 3 Novembre 2012 @ 19:25 Reply

    Grazie Paolo!
    Io sarei già una che ‘abusa’ della misericordia di Dio e …
    mi piace molto, anche.
    Parto da me, perché così comprendo meglio gli altri e le loro fatiche!
    E’ quando si sperimenta davvero la misericordia che si prende dentro di sé
    anche il male dell’altro.

  • michaela, 3 Novembre 2012 @ 22:20 Reply

    D’accordo fabiana è bello essere perdonati da Dio (anche dagli uomini); riconciliarsi con Dio è un pò come quando due fidanzati litigano per poi perdonarsi e ricadere l’uno nelle braccia dell’altro, consapevoli che alla fine non si erano mai lasciati davvero. Si, è bello osare, ma non è bello abusare per il gusto poi di osare nuovamente; sarebbe un pò come voler prendere in giro Dio.

    • fabiana, 4 Novembre 2012 @ 07:16 Reply

      Di certo non era quesllo il senso delle mie parole Michaela …
      era proprio il discorso di chi sa che abusa comunque, perché dentro alla misericordia di Dio … non c’è altro.
      Tutto qui. Era molto più ontologico il mio pensiero che pragmatico.
      Meglio così? .-)

      • michaela, 4 Novembre 2012 @ 08:47 Reply

        Si, grazie fabiana, meglio così; grazie per aver spiegato e scusa se non sono riuscita a cogliere il senso giusto.

  • Vioroma, 7 Novembre 2012 @ 11:53 Reply

    “Troppo semplice dividere gli uomini in buoni e cattivi. Il confine passa dentro di noi, non fuori”.

    Ed è dentro di noi che dovremmo accogliere la presenza di Dio. Evvero Egli fa proprio fatica a farcelo capire.

    Buona giornata

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