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A un mese dal viaggio in Germania provo a tirare qualche conclusione per me.
La preparazione al viaggio mi ha spinto a dedicare l’estate ad approfondire la figura di Lutero, conosciuta durante gli anni universitari, ma che ho voluto riscoprire in un’ottica diversa.
I critici sono concordi nel ritenere che il successo della Riforma luterana si innesti su molte concordanze favorevoli: il tramonto del feudalesimo, la complessa nomina dell’Imperatore, il desiderio di autonomia dei principi tedeschi, una palese crisi del papato (Uno dei papi della vita di Lutero, Giulio II, morì in battaglia per le ferite riportate!)…
Lutero, a partire dalla dottrina delle indulgenze, da teologo, contrastò quella che riteneva una prassi scorretta, dedicando addirittura a papa Leone X il libro che ne spiegava le ragioni. Solo dopo molto tempo, messo alle strette dal Cardinal Caietano, capì di essersi messo in una posizione di frattura con Roma.
Gli storici sono unanimi nel ritenere che Lutero agì all’interno della Chiesa e che, almeno fino a Worms, non intendeva certo fondare una nuova confessione.
Lutero è un credente complesso, pieno di inquietudine, dotato di una straordinaria intelligenza e di un gran fiuto. La sua eccellente traduzione della Bibbia in tedesco, l’uso del “social network” di allora, la neonata stampa, hanno permesso alla sua dottrina di diffondersi con una velocità straordinaria.
Ma è, anche, una figura con zone d’ombra: quando la Riforma gli sfuggì di mano e fu usata dai radicali per iniziare una rivoluzione, approvò la reazione dei principi che provocò forse centomila morti fra i contadini e negli ultimi anni, preso dalla preoccupazione per la sua creatura, non esitò a redigere scritti antisemiti per noi, oggi, sconcertanti.
La sua intuizione, il ritorno ad un Dio misericordioso, la conoscenza delle Scritture, la semplificazione della dottrina, obbligò la Chiesa cattolica ad elaborare una controriforma, col Concilio di Trento che, se si fosse attuata vent’anni prima, avrebbe probabilmente evitato lo scisma.
Lutero, insomma, ha spinto la Chiesa a riconsiderare una serie di abusi che l’hanno decisamente ricondotta verso l’autenticità evangelica.
La distinzione fra cattolici e protestanti, oggi, è ancora attuale e va conosciuta e rispettata.
Mi piace, in questo luogo, richiamare quanto detto da papa Benedetto nel suo viaggio in Germania, proprio ai pastori riformati, invitandoli a ridefinire insieme la propria identità di cristiani di fronte ad un mondo che non cerca più senso.

‘Come posso avere un Dio misericordioso?’.
Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente. Chi, infatti, si preoccupa oggi di questo, anche tra i cristiani? (…) La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio (…) non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù”.

E se oggi si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo (…) che Dio (…) nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze.

Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non viene forse devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte, della brama di vita e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle persone dedite ad essa? Non è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità?

No, il male non è un’inezia e non sarebbe così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita.
Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio?

La cosa più necessaria per l’ecumenismo è innanzitutto che, sotto la pressione della secolarizzazione, non perdiamo quasi inavvertitamente le grandi cose che abbiamo in comune, che di per sé ci rendono cristiani (…) È questo il grande progresso ecumenico degli ultimi decenni: che ci siamo resi conto di questa comunione.

Ma il pericolo di perderla, purtroppo non è irreale. Assistiamo alla diffusione di una forma nuova di cristianesimo … a volte preoccupante per le sue tensioni irrazionali. E di fronte a una società in cui l’assenza di Dio si fa sempre più pesante occorre non cedere alla pressione della secolarizzazione per diventare moderni mediante un annacquamento della fede, anche se la fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente.

Non è l’annacquamento della fede che aiuta bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi. Questo è un compito ecumenico centrale. In questo dovremmo aiutarci a vicenda: a credere in modo più profondo e più vivo. Non saranno le tattiche a salvarci, a salvare il cristianesimo, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo. Come i martiri dell’epoca nazista ci hanno condotti gli uni verso gli altri e hanno suscitato la prima grande apertura ecumenica, così anche oggi la fede, vissuta a partire dell’intimo di se stessi, in un mondo secolarizzato, è la forza ecumenica più forte che ci ricongiunge, guidandoci verso l’unità nell’unico Signore.

5 Comments

  • Jenny, 18 Settembre 2012 @ 18:30 Reply

    Grazie Paolo, per tutto il tuo gran da fare x noi, sono ignorante e tante cose non le conosco, ma Credo in DIO.( ci sono troppi martiri x la fede)

  • Chisotti ANDREA, 23 Settembre 2012 @ 07:42 Reply

    Quando Paolo dice che la chiesa indice il concilio di Trento per,elaborare una riforma che se fosse stata fatta vent’anni prima avrebbe evitato lo scisma ,mi sovviene quanto asseriva il card. Martini sulla necessita di nuovo Concilio.
    Chiedo a Paolo un suo parere.
    Grazie

    • Paolo, 23 Settembre 2012 @ 18:17 Reply

      Saperlo! Non so se la soluzione sia un Concilio, abbiamo visto che il Vat II, pur avendo avuto delle intuizioni eccellenti, su molti punti è rimasto poco applicato… Il rischio è quello di continuare a scrivere documenti che non incidono la realtà, certo in questi 50 anni di cose ne sono cambiate e sarebbe interessante riprendere la sfida del confronto, Non so se il Concilio sia lo strumento ma di un confronto c’è proprio bisogno!

      • Chisotti ANDREA, 27 Settembre 2012 @ 20:58 Reply

        Saggia risposta ,come sempre . Grazie

  • Basilio, 27 Settembre 2012 @ 14:43 Reply

    La domanda del Papa sul come si possa avere un Dio misericordioso penso riecheggia sempre nella vita del cristiano. L’inquietudine di non poter essere sempre virtuosi o di non essere sempre i buoni della comunità ci porta verso l’angoscia che non perdona e non da tregua. Incontrare Gesù che cerca la mia vita così come è, forse, inizia già a cambiare in me il modo di guardare la mia vita stessa. Essere buoni da soli non si può o essere buoni se lo si riesce ne anche. Il volto misericordioso di Gesù, così come lo presenta il Vangelo, senza ma o però, presenta la possibilità all’infinito che Dio ci da a capire e a seguire la sua via perché felice e bella.

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