Da dove mi deriva il sottile disagio che sfiora la soglia del dolore di questi giorni? La morte del Cardinal Martini era da me più che attesa, avendo avuto informazioni sul suo lento ed inevitabile declino e la morte, lo sappiamo tutti, lo sapeva bene lui, era alla soglia ad attenderlo. Non il dolore del lutto, quindi, pur forte ma temprato dalla fede e dalla gratitudine di un credente che a me, come a molti, ha dato parole di conversione, strumento inatteso ed austero, punto di riferimento di una stagione, la mia, in cui ho scopetto una fede “altra” rispetto all’idea di un cristianesimo di facciata e di opinione che inevitabilmente mi era stato trasmesso dalla generazione adulta.
Da dove, dunque, questo disagio?
Penso derivi dai tanti, troppi commenti che ho letto durante queste due giorni: opinioni, lodi, sperticate, critiche accese, alcune semplicistiche e grossolane, altre argomentate e sottili.
Come se, d’improvviso, il Card. Martini fosse diventato “altro”: simbolo, bandiera, acerrimo nemico, esempio luminoso.
Giudizi eccessivi, positivi e negativi, formulati da giornalisti ed opinionisti di peso e che, pure, di Martini hanno colto sempre e solo un aspetto che a loro facesse comodo.
Uno sguardo senza fede.
Uno sguardo da chi non crede.
Uno sguardo da chi sta al di fuori della Chiesa (chiamandosi cattolico progressista o ateo devoto poco importa) e che giudica la realtà e le persone con criteri e giudizi che travalicano il Vangelo.
Criteri e giudizi, intendiamoci, che un giornalista legittimamente può e deve esprimere ma che un discepolo può e deve valutare con attenzione.
Fra credenti non è quello il metro di giudizio, non solo.
Una vita si giudica dall’amore, ha detto Cristo. Dal riconoscerlo fra i poveri e gli esclusi.
Il resto è folclore, politica (spesso bassa e meschina), prospettive teologiche o pastorali che si devono confrontare e discutere.
E quello di Carlo MAria è stato l’amore di un credente ardente e dubbioso, dubbioso perché ardente, addolorato nel vivere in una Chiesa che spesso fatica a trovare il passo.
E per questo, il dono di Dio che è Carlo Maria ha inondato della luce divina molti cuori.
Forse in questa occasione, anche per me, e me ne rammarico, avrebbe dovuto prevalere il consiglio amichevole del Cardinal Scola, suo successore: viviamo questo evento nel silenzio.
Così hanno fatto i 200 mila (200mila!) milanesi che hanno voluto esserci per dire “grazie” al Signore.
Lasciamo ai piccini tirare per la casula il Cardinal Martini che non è di destra o di sinistra, ma di Dio.
E che ora è nella gloria del suo Dio.
E questa vicenda ancora ci insegni a crescere nell’essenziale: non esiste una Chiesa conservatrice o progressista, esiste una Chiesa fatta di sensibilità diverse, di diverse prospettive, come fu quella di Pietro e Paolo. Chi usa le diverse sensibilità per dividere invece che per crescere, è lontano dalla verità.
Come splendidamente affermato dal Card. Scola durante l’omelia:
Nella Chiesa le diversità di temperamento e di sensibilità, come le diverse letture delle urgenze del tempo, esprimono la legge della comunione: la pluriformità nell’unità. Questa legge scaturisce da un atteggiamento agostiniano molto caro al Cardinale: chi ha trovato Cristo, proprio perché certo della Sua presenza, continua, indomito, a cercare.
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