Ho sempre pensato che ogni autentica esperienza umana sia un’opportunità per incontrare Dio, per scoprire in noi l’inspiegabile porzione di assoluto che ci abita. Ogni autentica gioia umana, quindi, e lo dico alla fine di una incredibile giornata settembrina, si impone come un interrogativo di senso alla vita..
Ma, certo, occorre essere guidati dal piacere al bene, dal bene alla luce. E oggi mancano maestri che insegnino, testimoni che, senza mortificare l’umano, senza fuggire l’incarnazione, ci diano un alfabeto per leggere dentro le nostre vicende le tracce di Dio.
In queste settimane sto leggendo e preparando le riflessioni per il ritiro per coppie di metà ottobre, riprendendo in mano l’impegnativo Cantico dei Cantici. Riflettendo sull’esperienza dell’amore, dell’innamoramento, cerco di trarre luce e ispirazione dalla Parola di Dio.
Ma, anche, di trovare tracce dei semina verbi nella parole degli uomini.
Immaginatevi con quanto stupore e gioia ho accolto l’intuizione di uno che non si può certo accusare di essere bigotto: Nietzsche. Ecco una sua affermazione che esplicita il mio pensiero: ogni piacere aspira all’eternità.
E, carico da quaranta, ho anche incontrato l’irriverente e caustico Céline che afferma: l’amore è l’infinito messo alla portata dei cani barboni.
Grandiosi.
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